stdClass Object ( [id] => 7442 [title] => Le radici e il volo [alias] => le-radici-e-il-volo [introtext] =>Commenti -Voglia di comunità: attendere e preparare il «ritorno a casa», dopo la crisi
Pubblicato su Avvenire il 26/05/2013
C’è una nuova voglia di comunità. Una voglia che non di rado assume la forma della nostalgia, del desiderio struggente, di saudade di appartenere a qualcosa di più grande e di più resistente della nostra singolarità. Quando ci si ritrova a cinquant’anni senza lavoro, o quando si arriva a trent’anni e il lavoro non c’è ancora, si riscopre nella propria carne il valore di avere accanto una famiglia, una rete parentale, amicale e comunitaria che attutisce le nostre cadute, e ci impedisce di rovinare a terra o di sprofondare.
[fulltext] =>La gestione sostenibile e l’elaborazione costruttiva di ogni caduta o sventura sono sempre operazioni familiari e comunitarie, comprese le cadute e sventure economiche, dalle quali ci si rialza solo se non si è soli. Quando arriva la tempesta, la piena o il tornado, le radici, la loro profondità e forza, contano molto. Nei momenti di crisi, di ogni tipo, si vorrebbe tornare, e si torna se e quando si può, alle proprie radici, in particolare dalle prime radici che sono sempre la famiglia, i genitori. Sembra farci bene l’aria, i profumi e gli odori della terra che ci ha generati. Ci si salva se si cerca, si trova, e poi ci si aggrappa a qualcosa di forte che ancora vive dentro. Ho conosciuto persone che sono guarite, o quantomeno sono state curate, da malattie dell’anima semplicemente tornando a vivere nella terra e nella casa dove erano cresciuti.
Non a caso l’albero è uno dei grandi e ricchissimi simboli della nostra cultura occidentale. Due alberi sono posti al centro del giardino dell’Eden, l’albero 'della vita' e l’albero 'della conoscenza del bene e del male'. Nel medioevo, poi, la scuola francescana ha letto quegli alberi primordiali in rapporto al legno della croce. È la bellissima tradizione teologica (San Bonaventura) e poi artistica (Ubertino da Casale) dell’arbor crucis, dove il Cristo veniva rappresentato crocifisso su di un albero fiorito e rigoglioso. Il nuovo 'albero della vita', che da legno infelicissimo diventa il nuovo albero 'felice'. Alberi, radici, frutti, comunità. Ma questa stessa immagine dell’albero e delle radici ci rivela subito una radicale ambivalenza della comunità. Le radici non bastano per fare una buona vita, individuale e sociale. Le radici sono essenziali quando c’è la tempesta, ma sono fatali durante gli incendi o le siccità, quando dovremmo spostarci e non possiamo. Per la vita buona c’è bisogno della seconda anima dell’Umanesimo dell’Occidente: quella dell’homo viator . È questa l’anima che ritroviamo nella famosa tesi di Ugo di San Vittore, uno dei padri della cultura europea, che sull’inizio del XII secolo così scriveva: «Chi trova dolce la sua patria è ancora immaturo (delicatus); più forte è chi sente ogni terra come la sua patria». E poi aggiunge: «Ma perfetto è soltanto colui che si sente esule in tutto il mondo». Una tradizione incarnata anche nell’Ulisse dantesco, che una volta tornato a casa deve ripartire verso l’Oceano a occidente. «Né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né ’l debito amore lo qual dovea Penelopé far lieta» (Inferno, XXVI). Una necessità di andare oltre che complementa e completa i bisogno di radici (Itaca) dell’Ulisse omerico. Itaca e l’oltre, l’albero e il mare, la stabilitas loci dei monaci e il vagare degli ordini mendicanti.
Continui radicamenti e nuovi sradicamenti, espirazione ed inspirazione, voglia di casa e bisogno di uscire per non restarvi imprigionati dalle sue consolazioni. A partire dalla famiglia, che è buona comunità quando dà radici e, poi, aiuta i figli ad uscire di casa e formare altre case e altre comunità. Sono queste le nostre 'radici' europee, profonde, ricche, ramificate, intrecciate nella nostra vita, cultura, letteratura, che ci raccontano storie infelici di individui senza radici, ma anche di radici senza comunità, o con comunità sbagliate e mortifere. Come Cosimo, il barone rampante, che fugge dalle sue radici scegliendo di vivere sugli alberi, che non sono più immagine del radicamento ma della fuga. Quando l’Europa ha opposto queste sue due anime co-essenziali e le ha considerate una nemica dell’altra, ha prodotto solo disumanesimi. Ha generato comunità dove i legami sono diventati lacci, dove il bisogno di radici si è tramutato in xenofobia, razzismi, nazionalismi, guerre fratricide. O ha dato vita a individui dove il bisogno di uscire di casa e di mettersi in cammino è diventato solitudine nichilista di chi non ha né mete né ritorni. Oggi dobbiamo ricordarci e ricordare che le crisi generano sempre voglia di ritorno alle radici, ma dalla storia sappiamo che questi ritorni non sono stati sempre buoni ritorni. Il ritorno a casa dopo la seconda guerra mondiale ha generato la Repubblica e autentici miracoli politici, sociali ed economici. Ma non dobbiamo dimenticare che il ritorno alle radici dopo la grande guerra e la grande crisi ha prodotto fascismi e poi altra guerra fratricida. Non sappiamo ancora come sarà il ritorno a casa dopo questa crisi. Ma sarà senz’altro un cattivo ritorno se vorremo riscoprire radici nazionali che non siano anche europee e mediterranee. E se ci dimenticassimo che l’Europa è parte di un mondo più vasto, di cui siamo pure e prima cittadini. Sarà invece un buon ritorno a casa se la voglia di comunità sarà voglia di comunità concrete nei luoghi ordinari del vivere, e non 'comunità immaginarie', astratte, o soltanto virtuali. Non è credibile una comunità dove chiamiamo 'amici' i quasi sconosciuti 'incontrati' sulla rete, ma non vogliamo incontrare né sfiorare i vicini di casa, i colleghi, gli abitanti del quartiere.
La verità etica di un incontro online è misurata anche da come guardo e saluto Marco e Fatima che abitano nel mio stesso pianerottolo. Le comunità più importanti sono quelle dove ci ritroviamo senza averle scelte, dalle quali possiamo anche decidere di partire o fuggire, ma che ci formano e ci amano proprio perché più grandi delle nostre preferenze e gusti. Le comunità che non ci chiudono ma ci aprono alla vita, non sono dei club, dove entriamo pagando una quota, per trovarci tra simili. Non scegliamo i nostri genitori, né i nostri fratelli, né i compagni di scuola, né quelli della parrocchia o del partito. Alle comunità non si chiede l’amicizia, né si dà, perché si chiede e si dà molto di più: le radici, e la voglia di spiccare il volo.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-05-25 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-05-25 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4803 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6369 [ordering] => 388 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-05-25 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7442:le-radici-e-il-volo [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti -Voglia di comunità: attendere e preparare il «ritorno a casa», dopo la crisi
Pubblicato su Avvenire il 26/05/2013
C’è una nuova voglia di comunità. Una voglia che non di rado assume la forma della nostalgia, del desiderio struggente, di saudade di appartenere a qualcosa di più grande e di più resistente della nostra singolarità. Quando ci si ritrova a cinquant’anni senza lavoro, o quando si arriva a trent’anni e il lavoro non c’è ancora, si riscopre nella propria carne il valore di avere accanto una famiglia, una rete parentale, amicale e comunitaria che attutisce le nostre cadute, e ci impedisce di rovinare a terra o di sprofondare.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
stdClass Object ( [id] => 7423 [title] => Chiediamo ai giovani [alias] => chiediamo-ai-giovani [introtext] =>Commenti -Il lavoro e lo Spirito
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 19/05/2013
Non era solo colpa della finanza. Gli spread e le borse sono migliorati ma la nostra crisi invece di finire sta mostrando la sua vera dura natura: la disoccupazione, e soprattutto l’assenza di lavoro per i giovani. Ci stiamo accorgendo che la finanza speculativa ha soltanto accelerato e aggravato la malattia di un sistema economico italiano e sudeuropeo che era in affanno già da alcuni decenni.
[fulltext] =>Certo, una finanza meno avida e più capace di capire e sostenere i progetti innovativi, e una classe di economisti e di operatori economici meno miope e più lungimirante avrebbero potuto rendere quest’età di passaggio meno drammatica e dolorosa. Ma il tramonto di interi sistemi economico-produttivi covava da tempo sotto la cenere della nostra società. E così oggi ci ritroviamo con molti dubbi sul nostro presente e futuro, e con una certezza: dobbiamo reinventarci nuovo lavoro, che in buona parte sarà diverso, e molto, da quello che noi e i nostri genitori hanno conosciuto.
Intrapresa audacissima, perché dovremmo avere la spirito e la forza di agire, contemporaneamente, su più livelli, tutti coessenziali, iniziando, come si dovrebbe sempre fare in ogni buona società, dai bambini e dalle bambine. Vanno aggiornati, e in molti casi riscritti, i loro codici simbolici del lavoro. La generazione oggi adulta ha realizzato un mondo dei mestieri e delle professioni fatto di immagini e di simboli che si stanno progressivamente allontanando dai bambini e dai giovani.
Servono nuove 'lingue' e una nuova capacità di capirsi tra generazioni parlanti ormai idiomi diversi. Noi da piccoli giocavamo con ruspe, trattori, bambole e mini-laboratori, che creavano nella nostra fantasia il lavoro di domani, un lavoro futuro che vedevamo nel presente degli adulti attorno a noi, nelle letture della scuola, nei racconti dei vecchi. Giocando crescevamo, e ci preparavamo al lavoro. Oggi i giochi dei bambini sono mostri a quattro teste, sempre più nei video e nei telefonini, e sempre più lontani dai luoghi e dai simboli del lavoro. E, soprattutto, i bambini passano sempre più tempo giocando da soli, al chiuso e di fronte alla tv. È stata l’organizzazione comune di giochi, di partite ci calcio, di cacce al tesoro, di corse, la palestra dove ieri si imparava a cooperare, a competere, a risolvere i conflitti, a elaborare le sconfitte e i nostri limiti, e poi – un giorno – a lavorare grazie anche a quelle esperienze fondative del nostro carattere.
Serve uno sforzo collettivo enorme per ricreare le immagini e i sogni professionali dei nostri bambini e giovani: come faranno a inventarsi da adulti un lavoro, e soprattutto un mestiere, se non l’hanno visto, né tantomeno sognato da bambini? E a cooperare nelle imprese di domani? Per questo compito difficile servirebbero anche gli artisti, che con la poesia, la pittura, la letteratura, i cartoni, le storie, i giochi, l’architettura, si mettano accanto ai bambini e ai giovani, a scuola e fuori, per ricreare nuove immagini e nuove storie del lavoro e della vita in comune.
Nel frattempo, però, occorre generare subito lavoro con e per tanti giovani che non stanno lavorando oggi, e non lavoreranno domani.
Per questo occorrerebbe una forma di virtù civile di cui si avverte una grande carestia: la consapevolezza etica che i primi a sapere che cosa serve ai giovani sono loro stessi.
«Ask the boy», chiedi al ragazzo. Questa splendida frase di Baden Powell, il fondatore degli Scout, è una delle intuizioni più profonde sul giusto rapporto tra adulti e giovani. Un’idea certamente carismatica, perché troppo vera e universale.
Un’espressione, tra l’altro, che è una delle più efficaci declinazioni del 'principio di sussidiarietà' nell’educazione: non faccia l’adulto ciò che può fare il ragazzo. La ragazza, il ragazzo, i giovani sono loro, prima di tutti e di tutto, che devono pensare e dire come risolvere i loro problemi, compreso quel problema cruciale che è l’assenza di lavoro. Il mondo adulto può e deve far molto, ma solo dopo aver creduto e riconosciuto questa precedenza. La mancanza di lavoro dipende anche da nuove potenzialità e competenze dei giovani che, anche per mancanza dei giusti ascolti e delle giuste domande, non riescono a diventare reddito, lavoro, mestieri. Ma per fare le domande giuste ai nostri giovani occorre essere intelligenti, cioè saper 'leggere dentro' la loro anima e il cuore, oltre la superficie che spesso nasconde una vocazione professionale ignota al giovane stesso. «Sai zufolare?», chiese a Bartolomeo Garelli il giovane Don Bosco, un altro grande maestro di giovani e di lavoro, al termine di un dialogo profondo con quel ragazzo: «'Quanti anni hai?', 'Ne ho 16'. 'Sai leggere e scrivere?', 'Non so niente'. 'Sai cantare?', 'No'. 'Sai zufolare?'». Sì, Bartolomeo sapeva 'zufolare' (fischiare), e quindi poteva fare anche molto altro di buono. Ogni giovane, insegna a tutti il metodo salesiano, ha una via di accesso alla propria eccellenza, E va soltanto messo nelle condizioni di trovarla, con i giusti ascolti, con le giuste domande, e con occhi capaci di vedere l’invisibile sotto le apparenze, e farlo emergere, e-ducando (facendo venire fuori l’eccellenza che è dentro, nascosta).
Baden Powell e Don Bosco (e le tante educatrici e i tanti educatori carismatici della nostra tradizione e del nostro presente) oggi ci direbbero che non ci può essere pubblica felicità né gioia civile finché quattro giovani su dieci disponibili al lavoro non lo trovano e finché tra i sei che lavorano ce ne sono almeno tre che stanno lavorando in modo precario e sempre più spesso nel posto sbagliato che non li fa fiorire pienamente. I figli, i giovani, ce lo ricorda la tradizione biblica, sono anche il paradiso in terra delle famiglie. Ma i nostri giovani stanno rincominciando a emigrare, perché di nuovo poveri di lavoro e di speranza. I nonni, emigranti di ieri, stanno rivedendo i loro nipoti riprendere in mano la valigia. Ieri come oggi in cerca di pane e futuro; ieri come oggi con le lacrime di chi parte e di chi rimane; ieri come oggi fuggendo da una terra non genitrice di lavoro, perché gelida, arida, sordida. Per bagnarla, lavarla, scaldarla non bastano le politiche economiche, ci servirebbe uno Spirito per dare loro forza, vivificarle, renderle efficaci e feconde. Per donare un nuovo entusiasmo, voglia di vita e di futuro ai tanti giovani, e no, che lo stanno perdendo. «Vieni padre dei poveri», vieni padre dei giovani.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-05-18 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:32 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-05-18 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4706 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6952 [ordering] => 389 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-05-18 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7423:chiediamo-ai-giovani [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti -Il lavoro e lo Spirito
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 19/05/2013
Non era solo colpa della finanza. Gli spread e le borse sono migliorati ma la nostra crisi invece di finire sta mostrando la sua vera dura natura: la disoccupazione, e soprattutto l’assenza di lavoro per i giovani. Ci stiamo accorgendo che la finanza speculativa ha soltanto accelerato e aggravato la malattia di un sistema economico italiano e sudeuropeo che era in affanno già da alcuni decenni.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
stdClass Object ( [id] => 7400 [title] => Narciso e l’accidia [alias] => narciso-e-l-accidia [introtext] =>Commenti - Il gran vizio dei tempi di crisi
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 12/05/2013
C’è un vizio che si sta insinuando anche nel nostro tempo di crisi, e che rischia di diventare una vera e propria malattia sociale. È l’accidia, una forma di malattia del carattere, dello spirito e della volontà. Nonostante la sua evidente pervasività, di accidia oggi si parla troppo poco, la si considera una parola arcaica e desueta, e i pochi che ancora ne comprendono il significato fanno fatica a considerarla un vizio. Per quali ragioni, infatti, dovremmo considerare un vizio lo scoraggiamento, la tristezza o la noia?
[fulltext] =>I fondatori dell’ ethos dell’Occidente, dai greci ai filosofi medioevali, pensavano invece concordi che l’accidia fosse un grande vizio, cioè un vizio capitale, perché è all’origine (capostipite) di altre forme derivate di disordini o di malattie del vivere, quali la pigrizia, l’incostanza, l’incuria (che è la prima etimologia dell’accidia), la mancanza di senso della vita, la rassegnazione e le depressioni, a volte anche quelle cliniche. Per capirlo occorre tornare a quelle civiltà, e ricordare che per quell’umanesimo l’accidia minacciava non solo il bene del singolo, ma, come ogni vizio, anche il bene comune e la pubblica felicità, che sono il frutto dell’azione di persone dedite e impegnate.
La vita buona è vita attiva, è compito, dinamismo, impegno civile, politico, economico, lavorativo. Per questa ragione quando nel corpo sociale si insinua il virus dell’accidia, occorre combatterlo, respingerlo, espellerlo, per non morire. Il vizio, come la virtù, è prima di tutto una categoria civile: le virtù sono buone strade per la fioritura umana o felicità, i vizi ci deviano e portano all’appassimento della vita. Con i vizi, e senza le virtù, la vita non funziona. Non sono singole azioni sbagliate, ma stati morali ed esistenziali nei quali si precipita pian piano, e non sempre come scelta intenzionale, compiuta dalla persona nella consapevolezza della strada che stava imboccando (anche per questo il vizio non coincide con il peccato). Il vizio, poi, è anche un piacere sbagliato e piccolo, che impedisce di raggiungere quello buono e grande legato all’uso corretto (virtuoso) del corpo e dello spirito, dei singoli e delle comunità. È l’accontentarsi delle ghiande dei porci e perdere i cibi della tavola di casa.
Questa ricerca di un piacere piccolo e sbagliato si ritrova anche nell’accidia, sebbene possa apparirci meno evidente rispetto alla gola, all’avarizia o alla lussuria. L’accidia arriva in seguito a traumi, crisi, delusioni, lutti, fallimenti, a ferite. Invece di mettercela tutta per riprendersi e rialzarsi, ci si crogiola nel proprio male, ci si commisera, ci si lecca le ferite. In questo crogiolamento accidioso si riesce a provare anche una certa consolazione e persino una forma di piacere, un dolce naufragar che fa sopravvivere – ma non vivere – dopo la crisi. Oggi la nostra civiltà dei consumi ci offre molte merci che ci rendono più piacevole la coltivazione dell’accidia (pensiamo, ancora, alla tv), amplificando le sue trappole. Questo piacere accidioso è però un piacere sbagliato, miope e molto piccolo, perché non è la passività narcisistica dell’accidia la giusta elaborazione dei nostri fallimenti, ma, ce lo ricorda la saggezza antica, la vita attiva, l’uscir fuori di casa, il mettersi in cammino con sollecitudine...
Per questo una malattia attuale, anche questa endemica e sociale, che assomiglia molto all’antica accidia, è il narcisismo. L’accidia è quindi un grande vizio, perché quando prende piede ci porta a stare male e a vivere male, e se non curata porta a delle vere morti spirituali di persone – ce ne sono tante oggi, se sappiamo vederle, nel mondo dell’impresa e del lavoro –, che dopo una grossa crisi rinunciano a vivere e a far vivere chi è loro accanto, proprio perché incapaci di ricominciare a vivere e far vivere.
Che cosa sia l’accidia, o la melancolia, ce lo dice con la forza tipica della grande arte la misteriosa incisione di Dürer, dove la melancolia (sinonimo, in quel tempo, di accidia e tristezza) è rappresentata da un piccolo essere mostruoso che impedisce all’autore di usare i suoi strumenti di lavoro, che giacciono per terra abbandonati. E sullo sfondo un cielo stellato. Lavoro e stelle, due elementi che durante i tempi dominati dall’accidia cadono assieme. Come negli anni quando fu creato questo capolavoro, che sono quelli del Principe di Machiavelli, del tramonto dell’umanesimo civile, di guerre civili in Italia e di lotte di religione in Europa. E quindi dell’accidia che accompagnava quei tempi di crisi, e accompagna i nostri.
Come per tutti i vizi, la cura più efficace è individuare i primi sintomi e bloccare subito il processo veloce e cumulativo. Non chiudere i processi, lasciare i lavori a metà, non rileggere l’ultima bozza di un articolo, provare tedio per il lavoro ben fatto, ripetere spesso a se stesso: 'Ma chi me lo fare?', 'Non ne vale la pena'. Sono, questi, i primi sintomi di accidia incipiente.
L’antica saggezza dell’etica delle virtù e dei vizi ci suggerisce che quando avvertiamo i primi segnali, dobbiamo reagire subito e «senza indugio» – il vizio consiste nell’assenza di questa reazione decisa, non nel sentire i sintomi. 'Mi alzerò e andrò da mio padre': è questa la risposta virtuosa all’accidia a cui basterebbero le ghiande.
Nell’incisione di Dürer insieme agli strumenti del lavoro abbandonati c’è anche il cielo stellato, ma quell’uomo melanconico guarda da un’altra parte. La crisi è devastante quando ci spegne nell’anima i desideri. Il desiderio ha bisogno delle crisi, perché nasce proprio dall’assenza e dalla caduta delle stelle ( de-sidera, cioè mancanza di stelle) e dalla voglia di ritrovarle. Chi cade nell’accidia si accontenta di un cielo abbuiato, non vuol più riveder le stelle. E troppo spesso questo triste accontentarsi dipende dalle solitudini, dalla mancanza della compagnia di qualcuno che sa stare accanto, e che sa portare a riveder le stelle.
Da questa crisi, troppo seria per appaltarla alle sole scelte economiche e finanziarie, usciremo trasformando rassegnazioni, abbattimenti e accidie di molti cittadini e di intere nazioni in nuovi progetti politici e in un nuovo entusiasmo civile, riaggregando solitudini in destini sociali comuni, passioni tristi e sterili in passioni liete e generative, vizi in virtù civili. Ce la faremo?
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-05-11 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-05-11 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 6564 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6889 [ordering] => 390 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-05-11 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7400:narciso-e-l-accidia [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Il gran vizio dei tempi di crisi
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 12/05/2013
C’è un vizio che si sta insinuando anche nel nostro tempo di crisi, e che rischia di diventare una vera e propria malattia sociale. È l’accidia, una forma di malattia del carattere, dello spirito e della volontà. Nonostante la sua evidente pervasività, di accidia oggi si parla troppo poco, la si considera una parola arcaica e desueta, e i pochi che ancora ne comprendono il significato fanno fatica a considerarla un vizio. Per quali ragioni, infatti, dovremmo considerare un vizio lo scoraggiamento, la tristezza o la noia?
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
stdClass Object ( [id] => 7375 [title] => Ci serve tutto un altro film [alias] => ci-serve-tutto-un-altro-film [introtext] =>Commenti - Il mercato e le relazioni umane
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 05/05/2013
Impressiona vedere quante sale cinematografiche stanno chiudendo in questi tempi di crisi. La chiusura di un cinema non è solo la fine di un’impresa. Il cinema è anche l’icona di un uso relazionale del tempo, che oggi trova sempre meno posto in una società dove il consumo sta sempre più assumendo le sembianze dell’individuo solo e solitario. È la legge di mercato, si dirà. Di un certo mercato anonimo, occorre aggiungere, che riempie con le sue merci quelle solitudini che in larga misura esso stesso crea.
[fulltext] =>Non occorre scomodare economisti e sociologi per capire che c’è una differenza radicale tra l’esperienza che fa chi vede un film al cinema e chi vede lo stesso film a casa, soprattutto se il primo è visto con amici e il secondo da soli, magari al pc. Quando si esce per andare al cinema insieme ad amici, ci si prepara, si investe tempo nella scelta che è frutto di dialogo con gli altri, un dialogo che porta spesso a vedere film che non avremmo mai visto se avessimo seguito solo i nostri gusti personali (ho scoperto film splendidi per far contento un amico). Si parla prima, durante e soprattutto dopo il film, un film che da semplice prodotto si trasforma così in un incontro, dove alla 'merce' si aggiungono altri beni, tra i quali, fondamentali, sono quei beni relazionali che produciamo e consumiamo insieme. Succede anche che si torni al cinema per rivedere lo stesso film con altri amici, perché ci piace vedere se il nostro amico si commuove proprio in quei passaggi nei quali mi sono emozionato (e mi ri-emoziono) anche io. La mutua «corrispondenza di sentimenti» (essere consapevoli che si sta provando insieme la stessa emozione), diceva Adam Smith due secoli e mezzo fa, è una delle principali fonti di felicità. Questo intreccio di beni emozioni- rapporti generalmente non accade, o accade in maniera più impoverita, nel consumo individuale di home-video, per non parlare della visione di capolavori in tv. Tutti sappiamo che 'la visione di Amarcord al cinema' e 'la visione di Amarcord al pc' sono due cose, due beni molto diversi – peccato che ci vengono presentati, e venduti, come identici.
E qui si apre una riflessione molto più generale. Fino a tempi recenti, per poter 'consumare' alcuni beni (arte, cultura, festa, musica, religioni, sport, politica, gioco, scuola, cura, e molto altro) dovevo necessariamente stare insieme agli altri. A quei beni erano indissolubilmente legati anche i beni relazionali. La musica si ascoltava in concerti o in sale da ballo, lo sport nei campi e nelle palestre, e si andava al cinematografo assieme. L’invenzione del mercato consente oggi, e sempre più, di separare in molti beni la componente relazionale da quella più propriamente individuale. Posso ascoltare da solo musica con l’i-Pod, e poi, quando e se voglio, uscire con gli amici. Posso correre da solo (con l’iPod), incrociando nei parchi molti altri corridori solitari senza incontrarne nessuno, e poi, se e quando voglio, coltivare le mie amicizie. Lo stesso accade con i film, con la politica (si è passati dai comizi in piazza a monologhi sul divano con politici televisivi), e ormai con l’università (stiamo già cominciando a 'comprare' esami e titoli online senza il bisogno di incontrare nessuno), in una progressiva separazione delle merci dai rapporti umani. Sostituiamo il rapporto 'io-tu' (tramite le merci), con il rapporto 'io-merce' e 'tu-merce', rimandando il 'noi' a un secondo, futuro, momento.
E’ questo l’umanesimo del mercato capitalistico (non di tutto il mercato), dell’individuo, della libertà di scelta. Anche questi sono valori dell’Occidente e delle sue radici cristiane, che hanno svolto una funzione decisiva nella liberazione degli individui da molti, troppi, rapporti non scelti, da 'balli' con le persone sbagliate e non amate. Ma gli studi sul benessere delle persone ci dicono però delle cose che è bene tener presente per valutare bene i benefici del mercato insieme ai suoi costi, e magari cercare di riformarlo. L’offerta di molti beni depurati e sterilizzati dai rapporti personali negli ultimi decenni sta vedendo una accelerazione impressionante. La concorrenza di mercato, unita al progresso tecnico, abbassa i costi dei beni, i costi monetari ma soprattutto i costi in termini di tempo.
Costa così sempre meno tempo vedere un film a casa: non devo neanche uscire, neanche alzarmi dal letto. Invece – e qui sta il punto – uscire di casa per andare al cinema, o a fare sport con gli amici, costa più o meno come cento anni fa, per non parlare del 'costo' dell’investimento (di tempo, risorse, amore…) in una amicizia o in una famiglia, che costa, più o meno, come mille anni fa. Inoltre il tempo e le risorse investite in un’amicizia è rischioso, può ferirci quando manca reciprocità. Da una semplicissima legge economica sappiamo che quando il prezzo di un bene (merce) scende molto e il costo dell’altro (beni relazionali) resta costante, è come se il secondo costasse molto di più. In altre parole, un mercato che, per aumentare le mie libertà, mi separa le merci dai rapporti, in realtà mi sta anche rendendo molto costosi i beni relazionali. «L’altro giorno – mi ha raccontato un mio collega – avevo chiesto a papà di andare insieme al concerto del coro di mia moglie. Suono il citofono, e lui mi dice che aveva cambiato idea. Lo capivo, pioveva, vestirsi, uscire, era molto più 'costoso' che stare sul divano di fronte ad un film». E poi ha aggiunto: «La mattina dopo si sarà pentito». Che fare allora? Possiamo fare poco, ma qualcosa sì. Innanzitutto con la tassazione dei beni, che ha anche lo scopo di favorire i beni socialmente meritori (e oggi i beni relazionali lo sono, in un mondo di crisi di legami e quindi di felicità). Ma anche con l’educazione.
Un primo passo potrebbe essere inserire nelle scuole l’educazione al consumo e al rapporto con i beni, insegnando a distinguere tra il consumo di merci che sono merci e basta, dai beni relazionali che sono anche un investimento in vita buona. E poi mettiamo la tecnologia al servizio dei rapporti. Penso a quei circoli culturali, a quelle parrocchie, dove oggi con una spesa molto contenuta possono acquistare un proiettore video di qualità e ricreare nuovi 'cinematografi'. E così possono ricreare la magia del cinema, la gioia dei rapporti, delle comunità che oggi si stanno troppo impoverendo, impoverendoci tutti.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-05-04 22:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-05-04 22:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4651 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6880 [ordering] => 391 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-05-04 22:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7375:ci-serve-tutto-un-altro-film [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Il mercato e le relazioni umane
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 05/05/2013
Impressiona vedere quante sale cinematografiche stanno chiudendo in questi tempi di crisi. La chiusura di un cinema non è solo la fine di un’impresa. Il cinema è anche l’icona di un uso relazionale del tempo, che oggi trova sempre meno posto in una società dove il consumo sta sempre più assumendo le sembianze dell’individuo solo e solitario. È la legge di mercato, si dirà. Di un certo mercato anonimo, occorre aggiungere, che riempie con le sue merci quelle solitudini che in larga misura esso stesso crea.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
stdClass Object ( [id] => 7365 [title] => Festa di dovere e di speranza [alias] => festa-di-dovere-e-di-speranza [introtext] =>Commenti - Quest'Italia, questo primo maggio
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 01/05/2013
Questo primo maggio è una festa mesta. Ma sempre festa è, ed è bene che sia così. Una festa con i panni del lavoro, e con quelli del non-lavoro. Una festa accompagnata dalle lacrime, a volte vere depressioni, dei disoccupati, di chi il lavoro l’ha perso o di chi, giovane, non lo trova. Oggi dovremmo ascoltarli di più e meglio di ieri, metterci al loro fianco. Dobbiamo festeggiare il lavoro, soprattutto quando soffre ed è in crisi, perché le feste sono preziose nei tempi della prova, quando si attraversano i deserti, quando nasce la nostalgia delle 'cipolle' della schiavitù dell’Egitto.
[fulltext] =>Ma non dimentichiamo le lacrime di chi non può lavorare il giorno prima e il giorno dopo della festa, se vogliamo che quella di oggi sia davvero festa della Repubblica, festa di tutta l’Italia. La fusione, oggi, tra la festa del primo maggio e quella del due giugno, sarebbe forse l’unica riduzione accettabile dei giorni di festività, perché quando il lavoro non c’è, o è cattivo, troppo precario e insicuro, è il muro maestro della Repubblica a cedere, che è il primo muro di ogni casa. Il tasso indecente di disoccupazione è la prima tassa sulla nostra Casa comune; una tassa disumana, questa sì, che dovremmo subito abrogare. Quella di lavoro sta diventando la più grande carestia delle nostre società, una carestia che convive, come tutte le carestie della storia, con l’opulenza di tanti altri, per i quali le crisi della povera gente, o semplicemente della gente comune, non iniziano né finiscono mai, perché non ne sono toccati, e a volte ne sono anche avvantaggiati.
C’è allora una domanda difficile, poco popolare ed edificante in questa bella festa del lavoro: festa di quale lavoro? E di quali lavoratori?Il lavoro è il grande comun denominatore della democrazia. È un elemento che ci accomuna e ci fa (in un certo senso) uguali al di là, o al di qua, delle diversità di stipendio, di ruoli, funzioni, ceti sociali. Ed è anche per indicare questa dimensione di uguaglianza tra i cittadini che il lavoro crea – e che il non lavoro, e le rendite, invece distruggono – che l’abbiamo voluto scrivere, e vorremmo continuare a scriverlo, come prima parola della Repubblica.
Per questa ragione, oggi festeggiano, e possono festeggiare, gli operai e i top manager milionari; le mogli che mantengono, lavorando, mariti disoccupati magari rovinati anche dalle slot machine e i dipendenti di quelle stesse sale giochi; i gestori di 'hedge fund' e i gli operai che stanno perdendo il lavoro perché la proprietà in crisi ha svenduto l’azienda a quegli stessi fondi speculativi. Tutti lavoratori, tutti in festa oggi. Ma se ci fermassimo a questa dimensione del lavoro e della sua festa, pur reale e vera, non avremmo colto l’anima più profonda di questa giornata, né, forse, del lavoro.
Se, infatti, è vero che c’è qualcosa in comune tra il lavoro di Carlo, manager super-pagato e quello di Anna, operaia stagionale, sono molte di più le cose che queste due attività umane non hanno in comune, e che sono spesso in contrasto tra di loro. Come c’è qualcosa in comune, ma soprattutto tante diversità, fra Giovanna che in questi tempi di crisi sta prosciugando i risparmi di una vita per non chiudere il negozio e non licenziare i suoi due dipendenti, e i proprietari dell’ipermercato in periferia. Una prima cosa molto diversa tra Anna, Giovanna e Carlo si chiama potere, un’altra privilegi, un’altra diritti, un’altra ancora le opportunità, le libertà, le buste paga, e magari la gioia di vivere (chissà quale sarà quella più grande?!).
Il lavoro esprime la sostanza della democrazia, perché incarna le differenze reali tra le persone, quelle che contano davvero per la qualità della vita e per la dignità. E lo dice molto più della finanza, o del consumo. Quando Luca, operaio, entra in un concessionario e consuma acquistando (spesso a debito) una macchina sportiva, il venditore lo tratta in modo molto simile, in certi casi identico, al super-ricco o al suo 'padrone' nell’impresa. Guida per la città e si sente, sulla sua bella auto, uguale ai suoi capi ufficio, al suo sindaco, ai suoi governanti. È questa una dimensione della democrazia affidata ai consumi, essenziale per capire il mondo moderno e la forza simbolica ed evocativa delle merci, ma molto fragile e superficiale. Quando, infatti, quell’operaio scende dall’auto ed entra nel suo posto di lavoro, si accorge subito che non è vero che è uguale al suo 'capo'; e, infatti, se non ha un posto di lavoro sicuro, o se lo perde, cambia radicalmente l’atteggiamento del concessionario e della finanziaria e Luca torna ad assomigliare all’antico servo.
In questa giornata dobbiamo allora ricordare che una delle principali speranze e promesse della civiltà moderna è stata quella di affidare soprattutto al (giusto) lavoro la riduzione delle distanze tra diritti, opportunità, libertà effettive, dignità tra le persone. E fino a qualche decennio fa c’era anche, almeno in parte, riuscito, poiché le distanze tra l’operaio della fabbrica e il suo padrone erano minori di quelle tra il servo della gleba e il suo signore.
I contratti di lavoro legano tra di loro le classi, gli interessi, le persone, dando vita a una rete di solidarietà che avvolge, o avrebbe dovuto avvolgere, l’intera società, e un giorno il mondo. È anche questa la vera vocazione sociale del lavoro, la sua altissima dignità: il suo essere cemento della società, legame di reciprocità che unisce tra di loro i diversi, che ci avvicina gli uni agli altri in rapporti di mutuo vantaggio e di amicizia civile. Ma in questo tempo di capitalismo finanziario, queste distanze sociali ed economiche sono tornate a crescere, e i nuovi padroni stanno, pericolosamente, assomigliando molto, troppo, ai vecchi feudatari. Per queste ragioni la festa del lavoro è soprattutto la festa di Anna, di Giovanna, di Luca.
Una festa di tutti, ma che è dalla parte di chi è ancora troppo distante da Carlo, e che gli pone, almeno oggi, qualche domanda difficile, e magari lo invita a conversione individuale e di sistema. Un giorno, questo, che ci dice che non dobbiamo darci pace finché le distanze misurate con il metro delle libertà effettive, dei diritti, delle opportunità e della dignità non si saranno ridotte, e in molti casi annullate. L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-04-30 22:00:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-04-30 22:00:38 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4342 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6576 [ordering] => 392 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-04-30 22:00:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7365:festa-di-dovere-e-di-speranza [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Quest'Italia, questo primo maggio
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 01/05/2013
Questo primo maggio è una festa mesta. Ma sempre festa è, ed è bene che sia così. Una festa con i panni del lavoro, e con quelli del non-lavoro. Una festa accompagnata dalle lacrime, a volte vere depressioni, dei disoccupati, di chi il lavoro l’ha perso o di chi, giovane, non lo trova. Oggi dovremmo ascoltarli di più e meglio di ieri, metterci al loro fianco. Dobbiamo festeggiare il lavoro, soprattutto quando soffre ed è in crisi, perché le feste sono preziose nei tempi della prova, quando si attraversano i deserti, quando nasce la nostalgia delle 'cipolle' della schiavitù dell’Egitto.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
stdClass Object ( [id] => 7349 [title] => Gli occhi e il coraggio della ripartenza [alias] => gli-occhi-e-il-coraggio-della-ripartenza [introtext] =>Commenti - L'Italia (come gli altri Sud d'Europa) sia se stessa. La lezione di Genovesi
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 28/04/2013
L’economia di mercato è una fittissima rete di interdipendenze, magnifica e terribile a un tempo. Nei tempi felici la ricchezza degli uni diventa anche ricchezza degli altri, ma nei momenti di depressione i problemi di intrecciano, si amplificano, e quelle virtuose interdipendenze diventano circoli viziosi, dove ognuno tira verso il basso l’altro. I clienti non pagano, le banche non danno credito, non si pagano i fornitori, che a loro volta non pagano i propri debiti, e così via. Si alimenta in questo modo un vortice che inizia ad assomigliare a un tifone che spazza via fabbriche, lavoro, case, vite.
[fulltext] =>Tutta l’Italia che lavora – o che non riesce a lavorare – soffre, ma è il Sud dell’Italia, e dell’Europa, a soffrire di più, dove la crisi sta cancellando le timide primavere economiche dei due decenni passati. Sono convinto che se riusciremo a ripartire, a rialzare la testa, il baricentro di questo nuovo Rinascimento sarà il Meridione, proprio perché è quello che ha ancora troppe potenzialità e talenti inespressi, mortificati da tante ferite della storia, recente e remota.
Anche perché la cultura capitalistica dominante vede solo le 'ferite' delle nostre culture latine e meridiane, ma non sa vederne le 'benedizioni' che pur vi sono, e abbondanti. Un Sud che sta conoscendo di nuovo l’emigrazione di massa dei suoi giovani migliori, una emigrazione 'per pane e dignità', come fu quella di tanti altri italiani, un doloroso capitolo che qualche anno fa pensavamo, tutti, che appartenesse al passato. I Sud dell’Europa hanno bisogno di fiducia, di stima, di auto-stima, di 'coraggio', come si esprimeva uno dei grandi padri dell’Economia civile italiana, ed europea, il napoletano Antonio Genovesi, un autore che in questi giorni andrebbe letto, e ascoltato.
Nelle sue Lezioni di Economia civile del 1765 (è in uscita una nuova edizione dell’opera), leggiamo pagine sull’Italia e sul suo Meridione, che sembrano scritte non ieri, ma domani: «I suoi vini sono il nettare che beono le migliori tavole non solo degl’Inglesi, ma de’ Francesi altresì, ancorché superbi del loro Borgogna. … Paesi di lana, di lino, di canape, d’ogni sorta di animali; paese di caci, di manna ecc., paese di grand’ingegni... Noi dunque per questo solo verso, dovremmo aver quattro volte più di denaro, di quel che ha ciascuna di queste nazioni; e cinque per capo dell’olio, sei per capo del vino, sette pel seta, ecc.». E quindi si chiede, e noi con lui: perché questi denari non c’erano, e non ci sono? «Io non crederò mai che manchi l’ingegno. Chi si può persuadere che i climi temperati generino de’ cervelli più grossolani che i gelati? Neppure che manchi la voglia di faticare; … Dunque bisogna conchiudere che manchi il coraggio, e che vi si fatichi male».
La ragione di questa mancanza di «coraggio» e di buona «fatica» (lavoro), per Genovesi è chiara: «Il massimo peso delle finanze è ricaduto sulle arti, e doveva aver la base sulle terre; quindi è che le arti ne sono state scoraggiate e avvilite». Parole sante: non c’è futuro per uno Stato quando la tassazione continua ad «avvilire» e «scoraggiare» le arti, cioè gli artigiani e le imprese, e a favorire le rendite. I privilegi accordati alle rendite sono sempre il primo indicatori dei sistemi economici e sociali feudali, o neo-feudali come il nostro.
Lo abbiamo denunciato molte volte, e continueremo a farlo. Genovesi era cosciente che quelle qualità e quei primati dell’economia e dell’ingegno italiani erano un’anima – non l’unica, e forse neanche la più evidente – della sua terra e della sua gente; erano senz’altro virtù reali, ma erano mescolate a vizi non meno reali, come sempre, e come ovunque. Tanto che dopo aver elencato tutti quei meriti e virtù del suo Regno, sente di dover specificare: «Se questo articolo viene per caso in mano di qualche straniero, sappia ch’io l’ho scritto digiuno, e dopo aver preso una dramma di rabarbaro». Ma quella lettura generosa del suo Regno, ispirò le riforme e le rivoluzioni napoletane, brevi ma ancora luminose ed esemplari.
Il talento civile o lo 'spirito' di un Paese, dei suoi governanti e dei suoi intellettuali, sta nel saper creare un orgoglio e una speranza civile da segni reali presenti nel passato e nell’oggi, e da lì mostrare un non ancora' migliore del già, e del già stato. Togliete a un popolo questa capacità, e resteranno soltanto l’arte della denigrazione, la critica, il pessimismo, il turpiloquio, l’incattivimento reciproco.
Per ripartire, economicamente e civilmente, dobbiamo essere capaci di mettere a reddito arte, cultura, clima, natura, storia, cibo, vini, turismo, bellezza, dimensioni presenti in tutta l’Italia e l’Europa, ma nel Sud ancora troppo poco valorizzati, e quindi capaci di futuro. Dobbiamo inventarci una antica-nuova identità economica e lavorativa, e non ci riusciremo sognando di imitare la Germania o gli Usa, ma solo creando nuova ricchezza dai nostri antichi capitali, di cui la natura e il genio dei nostri padri e madri ci hanno dotato in quantità e qualità straordinari: «O uomini stralunati che voltate disdegnosi le spalle alla natura, mentre vi offre a due coppe e ricolme le sue ricchezze, sole vere, sole durevoli, sole beatifiche, per seguire certe bizzarre fantasie che non hanno corpo, e non vi sveglierete voi mai da’ vostri sogni?».
Certo per ripartire non bastano queste parole di Genovesi, forse neanche quelle, anche fossero sublimi, di altri filosofi o poeti. C’è bisogno di molto di più, lo sappiamo. Ma nei tempi della prova ci serve anche la compagnia dei grandi, di chi ha saputo vedere di più e diversamente nelle carni e nello spirito del proprio tempo, e con loro cercare di fare altrettanto oggi. Potremmo scoprire e vedere anche noi quel qualcosa di invisibile nascosto nelle trame morali e civili dei nostri popoli, delle nostre imprese, delle nostre comunità, che sono ancora piene di risorse, di capitali, di beni, che aspettano solo di essere trasformati in lavoro e reddito. «Ero disperato. Una mattina sono uscito di casa, e ho visto un capannone. Era lì da sempre, ma non lo vedevo più», mi ha raccontato un imprenditore agricolo.
Quasi sempre la soluzione è sotto-casa, ma nei tempi della prova, non siamo più capaci di vederla. Occorre, allora, reimparare a vedere i nostri veri capitali e veri beni, perché durante tutte le crisi la malattia più grave è quella che annebbia gli occhi dell’anima, e poi dell’intelletto.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-04-27 22:00:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-04-27 22:00:38 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4211 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6655 [ordering] => 393 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-04-27 22:00:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7349:gli-occhi-e-il-coraggio-della-ripartenza [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - L'Italia (come gli altri Sud d'Europa) sia se stessa. La lezione di Genovesi
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 28/04/2013
L’economia di mercato è una fittissima rete di interdipendenze, magnifica e terribile a un tempo. Nei tempi felici la ricchezza degli uni diventa anche ricchezza degli altri, ma nei momenti di depressione i problemi di intrecciano, si amplificano, e quelle virtuose interdipendenze diventano circoli viziosi, dove ognuno tira verso il basso l’altro. I clienti non pagano, le banche non danno credito, non si pagano i fornitori, che a loro volta non pagano i propri debiti, e così via. Si alimenta in questo modo un vortice che inizia ad assomigliare a un tifone che spazza via fabbriche, lavoro, case, vite.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
stdClass Object ( [id] => 7325 [title] => Il senso dell’impresa [alias] => il-senso-dell-impresa [introtext] =>Commenti - Questa crisi è una «grande depressione»: una malattia sociale
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 21/04/2013
Le cronache continuano a parlarci di suicidi di imprenditori e di lavoratori. Ma ci sono anche tanti, troppi, veri e propri suicidi di imprese, di cui invece si parla molto poco. Questa crisi è proprio una 'grande depressione'. Vi ritroviamo tutti i sintomi delle depressioni serie: tristezza costante, mancanza di entusiasmo, il desiderio che si spegne, voglia di lasciarsi andare, e soprattutto assenza di gioia di vivere, di quella voglia di alzarsi al mattino con il gusto di affrontare la giornata, di incontrare la gente, di avere qualcosa di bello da fare e da raccontare a se stessi, alla propria famiglia, agli altri.
[fulltext] =>Il senso della vita non è, e non deve essere, soltanto il senso del lavoro, ma è anche il senso del lavoro e dell’impresa. In Cina mi ha colpito scoprire che la parola che in occidente chiamiamo 'business' è composta dall’unione di due ideogrammi, vita e significato : il senso della vita. «Ho fatto nascere questa impresa perché avevo qualcosa di bello da dire», mi ha detto un giorno un imprenditore.
Anche facendo impresa e lavorando si acquista senso, significato e direzione. E quando lavoro e impresa entrano in crisi, può accadere che non si sappia più dove andare, ci si smarrisca, e quindi si perda il perché del cammino e delle sue fatiche.
C’è una grande fatica tipica di questi tempi. È quella che vivono gli imprenditori che cercano di resistere alle forti tentazioni di vendere la loro azienda, o di chiudere, mollare. Ci sono aziende che è bene che siano vendute, e per diverse ragioni. Perché la proprietà ha esaurito la sua forza vitale innovativa, perché l’imprenditore va in pensione e i figli non hanno intenzione di continuare l’opera, o perché è un’impresa che non era nata da un progetto vitale ma dall’aver colto un’opportunità, e come la si è colta in 'entrata' la si può cogliere – magari a condizioni meno favorevoli – anche in 'uscita'. E potremmo continuare, con molte altre ragioni di 'buone' vendite di aziende, che spesso producono gli stessi effetti della vendita da parte degli eredi di una ricca e antica biblioteca: dispiace, ma i libri vengono liberati, tornando a rivivere in altri lettori, in nuove biblioteche.
Ci sono poi imprese che è addirittura bene che chiudano, perché semplicemente hanno concluso il loro ciclo di vita e la loro funzione, o perché sarebbe troppo costoso e probabilmente inefficiente investire per sperare in una seconda vita, o perché nate male per puri scopi speculativi. Per queste aziende valgono le parole scritte da Manzoni su donna Prassede: «Quando si dice ch’era morta, è detto tutto». La responsabilità di proprietari e istituzioni è però fare in modo che i danni sui lavoratori siano evitati o limitati al minimo, cosa che nei periodi recessivi purtroppo non avviene quasi mai, o troppo raramente.
Ma ci sono imprese che non dovrebbero né essere vendute né chiuse, perché hanno ancora qualcosa da dire, storie da raccontare, potenzialità inespresse, buoni prodotti. Oggi molte di queste imprese stanno facendo questa triste fine. Dietro queste vendite o chiusure sbagliate c’è spesso una crisi personale di un imprenditore, di una imprenditrice, di una famiglia, di un gruppo di persone, che ad un certo punto non credono più che la loro 'creatura' possa avere un futuro. Queste crisi sono parte della vita, ma nelle fasi di depressione collettiva come la nostra, queste crisi diventano molte, più dure, amplificate dal senso di abbandono da parte di mercati, banche, istituzioni.
In molti casi l’imprenditore entra in una vera prova morale o spirituale, e ha l’impressione di aver condotto se stesso, la sua famiglia, i suoi lavoratori, la comunità circonvicina, in una avventura ingenua e sbagliata, legata magari (lui pensa) a superbia, orgoglio, alla non consapevolezza dei propri limiti e veri mezzi. A volte queste esperienze si accompagnano a malattie, stanchezza, calunnie, denunce, e si intravvede nella vendita, o persino nella liquidazione dell’impresa l’unica via di salvezza, agognata. E così, soprattutto quando la crisi riduce fatturato e margini, non si vede l’ora che qualcuno arrivi e ci tolga quello che, da 'senso' della vita ormai è solo un peso se non un incubo.
In questi momenti non importa chi, con quali capitali e con quale progetto questo nuovo imprenditore/speculatore arrivi, purché convinca le banche, e magari i sindacati. Così decenni, a volte secoli, di storia familiare, comunitaria, di capitali di saperi, rischiano di svanire, perché non si hanno la forza e le condizioni per superare la prova, e perché troppe volte si è soli, e lasciati soli dalle istituzioni. È l’impresa che si suicida, e a volte con essa anche l’imprenditore. I dati sulla cattiva cessione di queste buone aziende sono gravi, impressionanti. C’è allora un bisogno estremo di creare 'luoghi' per accompagnare questi imprenditori e lavoratori che si trovano ad affrontare queste prove individuali e collettive.
Le civiltà hanno conosciuto malattie sociali simili, e le hanno sapute curare (con i riti, l’arte, i miti). Una cura, e i suoi luoghi, che dobbiamo cercare, presto, anche noi. In questi nuovi luoghi non occorrono tanto consulenti fiscali o economisti, e neanche le (necessarissime) istituzioni, ma esperti in umanità, donne e uomini capaci di speranza, che conoscono gli animi umani, e li sanno curare con l’ascolto delle loro storie e con (poche) parole.
Soprattutto servono comunità curanti. E invece nella nostra cultura abbiamo separato troppo il 'business' dal resto dalla vita, i contratti dai doni, l’eros dall’agape; e così non capiamo più che una imprenditrice e un imprenditore sono prima persone, e che dietro a una crisi aziendale si può nascondere una vera prova morale e spirituale, che va curata a questo livello, che è molto più profondo e vitale dei 'business plan' e dei prestiti bancari (che comunque oggi aiuterebbero, e molto). Per ridare vita al nostro 'business' malato occorre allora ridare 'senso della vita' e della loro impresa a tanti imprenditori e lavoratori che lo stanno perdendo.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-04-20 22:00:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-04-20 22:00:38 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 5316 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6148 [ordering] => 394 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-04-20 22:00:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7325:il-senso-dell-impresa [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Questa crisi è una «grande depressione»: una malattia sociale
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 21/04/2013
Le cronache continuano a parlarci di suicidi di imprenditori e di lavoratori. Ma ci sono anche tanti, troppi, veri e propri suicidi di imprese, di cui invece si parla molto poco. Questa crisi è proprio una 'grande depressione'. Vi ritroviamo tutti i sintomi delle depressioni serie: tristezza costante, mancanza di entusiasmo, il desiderio che si spegne, voglia di lasciarsi andare, e soprattutto assenza di gioia di vivere, di quella voglia di alzarsi al mattino con il gusto di affrontare la giornata, di incontrare la gente, di avere qualcosa di bello da fare e da raccontare a se stessi, alla propria famiglia, agli altri.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
stdClass Object ( [id] => 7278 [title] => Il cento e il cinque [alias] => il-cento-e-il-cinque [introtext] =>Commenti - Oltre la crisi solo recuperando visione e capacità generativa anche dei capitali
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 14/04/2013
Le crisi, soprattutto quelle profonde e gravi, sono un segnale che una comunità civile o economica sta esaurendo la sua capacità generativa, e non è più capace di creare vero valore economico, civile, politico, culturale, scientifico, perché ha smarrito i suoi valori, non sa più ciò che vale. C’è una regola generale a cuore della legge di evoluzione delle civiltà e della loro economia: la forza generativa dell’uso civile delle ricchezze si spegne quando raggiunge il suo culmine, perché i successi e i frutti finiscono col tempo per spegnere quella fame di vita e quella speranza che li aveva generati.
[fulltext] =>Ciò non è solo evidente dall’analisi storica: è sufficiente recarsi ogni tanto in Cina – dove mi trovo ora –, nelle Filippine, o in Brasile per vedere che la radice del loro (attuale) sviluppo economico e civile prende linfa vitale dall’entusiasmo civile e dalla volontà di riscatto individuale e sociale, che si esprimono anche in quella gioia di vivere che si respira nelle strade, soprattutto tra i poveri e i bambini.
Queste risorse morali e spirituali si consumano, ma non si rigenerano da sole, e così dopo periodi più o meno lunghi finiscono. È una legge spietata ma anche provvidenziale, perché è anche un grande meccanismo che fa sì che non siano sempre gli stessi a salire sulla giostra del benessere e della prosperità. Sul piano economico-civile, tutto ciò fa sì che nelle fasi civilmente positive ed espansive, i capitali (stock) sono al servizio dei redditi (flussi): sono i terreni, le case, gli immobili, i risparmi, i titoli azionari ad essere in funzione dei redditi da lavoro (salari) e d’impresa (profitti). In queste fasi felici, i capitali esistono e sono importanti, ma questi capitali sono messi a reddito, sono fatti girare e fruttare per lo sviluppo e per il bene comune.
La virtù dominante in questi periodi civilmente fecondi è la speranza, che porta a guardare i capitali (reali e finanziari) come strumenti da mettere in gioco, come talenti da trafficare perché portino frutto. Si guardano gli stock in vista dei flussi. Si vedono i "cento" del valore del capitale di oggi, ma più si vedono i "cinque" che quei cento ben investiti potranno produrre, perché quel reddito/flusso è un segnale della capacità generativa della mia azienda, della mia vita. Il primo senso del buon grano non è mai l’accumulazione nei granai. È anche questa la differenza tra contadino e mercenario, tra investimento e pura accumulazione, e tra l’imprenditore, il protagonista delle fasi espansive, e lo speculatore, protagonista di ogni declino.
La ricchezza generativa di redditi rende felici e fecondi, mentre la ricchezza accumulata per se stessa rende miseri e sterili. Quando la cultura latina voleva rappresentare la felicitas, i suoi simboli e le sue immagini erano i raccolti fecondi (Campania felix), gli strumenti del lavoro, e i bambini, che ieri come oggi sono il primo segno della fecondità felice di famiglie e popoli. Tutto questo lo sa bene anche la grande cultura dei popoli con la sua arte, che quando hanno voluto rappresentare l’icona dell’infelicità l’hanno individuata più nell’avaro che nel povero, perché l’avaro è un ricco misero che non conosce, lui con i suoi averi, la fioritura e la fecondità, come i capitali (de)portati oggi nei paradisi fiscali.
Un’impresa, un sistema economico, una civiltà iniziano allora la loro decadenza quando il nesso tra capitali e frutti si inverte, e lo scopo dei capitali diventano i capitali. Alla speranza subentra la paura, il senso del grano diventa il granaio e ci si dimentica di chi di quel grano ha bisogno per vivere, e per lavorare. Nel linguaggio dell’economia, la grande crisi inizia quando i redditi (flussi) sono visti in funzione dei capitali (stock), i profitti e i salari in funzione delle rendite. Così gli imprenditori si trasformano in speculatori, le élite che avevano determinato la fase virtuosa del ciclo economico-civile diventano caste, che destinano le loro energie a conservare i privilegi acquisiti nei tempi passati. Nei periodi felici prevalgono la fiducia e la cooperazione, e si guarda agli altri come potenziali partner per nuove comuni intraprese. Nelle fasi di declino ci si guarda accanto con sospetto, e il vicino diventa un rivale, un nemico che può sottrarci una fetta di quelle rendite. I rapporti sociali si incattiviscono, gli altri (non noi) sono tutti evasori e disonesti, e il loro benessere diventa una minaccia per il nostro. E invece, nei periodi migliori, proprio «il mercato ci insegna a vedere con benevolenza la ricchezza e il benessere degli altri» (John Stuart Mill, 1848), perché contano le nuove torte, e non la dimensione delle fette di quelle che abbiamo creato in passato. In Italia oggi riusciamo a fare perfino di peggio: «Riusciamo a litigare per spartisci future torte che non creeremo mai», mi confidava un imprenditore siciliano.
La nostra crisi dice allora che stiamo dilapidando i capitali di valori civili e religiosi che avevano operato i miracoli economici e sociali dei decenni passati. Serve un nuovo miracolo economico, civile, morale. Dopo la seconda guerra mondiale i nostri genitori e nonni presero le macerie prodotte da umanesimi fratricidi e, con i loro valori, le fecero diventare mattoni, pietre angolari delle loro nuove case e della casa europea. Se oggi vogliamo vedere un presente e un futuro possibili, e magari migliori, dobbiamo trovare le risorse per trasformare le nostre macerie in una nuova casa e nuova eco-nomia. Le nostre macerie non sono fatte di cemento e calce, ma anche questa crisi sta, a modo suo, distruggendo case, fabbriche, chiese, sta mietendo le sue vittime, ha i suoi eroi e la sua Resistenza. Dobbiamo trovare le risorse per raccogliere le macerie e trasformarle in nuovi mattoni. E dobbiamo scavare molto, perché le pietre migliori non sono in superficie, sono ancora in parte sepolte, o ignorate perché – come la nostra vocazione comunitaria – considerate pietre d’inciampo, e scartate. Occorre salvarle, facendone le pietre angolari della nuova casa, della nuova economia, del nuovo lavoro.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-04-13 22:00:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-04-13 22:00:38 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4488 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6282 [ordering] => 395 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-04-13 22:00:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7278:il-cento-e-il-cinque [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Oltre la crisi solo recuperando visione e capacità generativa anche dei capitali
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 14/04/2013
Le crisi, soprattutto quelle profonde e gravi, sono un segnale che una comunità civile o economica sta esaurendo la sua capacità generativa, e non è più capace di creare vero valore economico, civile, politico, culturale, scientifico, perché ha smarrito i suoi valori, non sa più ciò che vale. C’è una regola generale a cuore della legge di evoluzione delle civiltà e della loro economia: la forza generativa dell’uso civile delle ricchezze si spegne quando raggiunge il suo culmine, perché i successi e i frutti finiscono col tempo per spegnere quella fame di vita e quella speranza che li aveva generati.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
stdClass Object ( [id] => 7197 [title] => Trappola da smontare [alias] => trappola-da-smontare [introtext] =>Commenti - Italia ed Europa, fisco e impresa
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 07/04/2013
Stiamo precipitando in una vera e propria trappola di povertà. La spirale è ben delineata: (1) lo Stato è indebitato e deve trovare risorse; (2) le risorse non vengono dal reddito-Pil perché siamo in recessione; (3) si è costretti a usare la leva fiscale, soprattutto su famiglie e imprese; (4) l’esasperata pressione fiscale riduce ancora il reddito prodotto; (5) diventano necessarie altre tasse per trovare altre risorse; (6) il reddito si riduce ancora, e così via, in una sorta di danza macabra che si avvita su se stessa verso il basso.
[fulltext] =>E come se non bastasse, le imprese non trovano credito da banche bloccate da problemi (e miopie) loro propri e da regole esterne. Meno male che, ieri, il governo Monti ha dato forma a un provvedimento – finalmente autorizzato dalla Ue – che è destinato a porre fine a una scandalosa vessazione aggiuntiva: i debiti non pagati dalla stessa identica macchina statale che tar-tassa le imprese con una pressione fiscale che è quasi il doppio di quella sulle rendite. Comunque sia, siamo al cospetto di un teorema che farebbe la sua bella figura in qualsiasi trattato di economia che volesse descrivere la crisi perfetta di un sistema economico.
Simili crisi perfette hanno portato al declino di intere civiltà. Ormai sappiamo anche che la via di uscita reale (non quelle immaginate per ignoranza o propaganda) è una sola: rilanciare lo sviluppo economico, e quindi il lavoro, la domanda e il reddito. In realtà, però, questa non è la soluzione ma il cuore del problema, perché per poter far tutto ciò dovremmo allentare i vincoli imposti dall’Europa al rapporto debito/Pil, e permetterci investimenti pubblici che ci consentano, da qui a qualche anno, di riprendere appunto un sentiero di vero sviluppo. Una impresa che si trova in grave crisi può e deve certamente ridurre i costi, ma se non investe e rilancia un nuovo progetto d’impresa non ha futuro. La crisi o è aurora di un giorno nuovo o è tramonto: occorre stare attenti perché i colori del cielo si assomigliano, e potremmo confonderli.
Sono sempre più convinto – per fortuna in compagnia di economisti come Amartya Sen – di ciò che sulle pagine di “Avvenire” è stato scritto più e più volte: l’Italia e gli altri Paesi in crisi debbono rinegoziare in Europa i noti parametri oggi posti alla base del Fiscal Compact, e dar vita a una stagione di nuovi investimenti che rilancino lavoro, impresa, competitività, e – prima di tutto - scuola e università. Le nostre imprese non sono “cotte”, possono ripartire perché hanno delle potenzialità ancora troppo poco valorizzate, sui piani tecnologico, commerciale e delle intelligenze tanto quanto – soprattutto al Sud – su quelli della cultura, dell’arte, del territorio, del turismo. Ma senza nuovi grandi investimenti di sistema e con una “visione” (che a oggi non c’è), questi nostri immensi patrimoni non producono reddito né lavoro, o non ne producono abbastanza.
Nella trappola in cui siamo caduti, gli imprenditori, i lavoratori, le famiglie non riescono da soli a risollevarsi: c’è un urgente bisogno di un’azione pubblica decisa, forte, coerente, veloce. Ma c’è di più: gli imprenditori e i lavoratori sono esausti, e le energie residue per resistere, e non arrendersi, sono davvero poche. E qui, ancora una volta, è bene essere chiari: non ci sono alibi per nessuno, solo una classe politica e un Parlamento irresponsabili potrebbero assistere passivi a questo scenario. C’è poi un fattore culturale da tenere in considerazione. Se guardiamo la storia ci accorgiamo che le classe dirigenti, in Italia e molti Paesi latini, non hanno avuto uno sguardo benevolo verso il lavoro, i mercanti e le imprese. Hanno guardato i mercanti «come Giuda» (ce lo ricorda il titolo del bellissimo libro dello storico Giacomo Todeschini, 2011), cioè gente moralmente equivoca perché, proprio come Giuda, trafficano «a scopo di lucro», per trenta denari, per beni privati.
Invece è buono il denaro speso dallo Stato e dai governanti, perché, a differenza dei mercanti, quel denaro ha come scopo (si dice) il bene comune, non il turpe lucrum. Così il debito pubblico sarebbe diverso e moralmente migliore dei debiti e crediti privati, perché questi ultimi nascono da interessi e egoismi particolari, mentre il debito pubblico nasce per il bene comune. È una storia antica, di cui non siamo sempre consapevoli, ma che è ben radicata nella nostra coscienza e nelle prassi collettive. Se però vogliamo uscire dalla trappola in cui siamo caduti dobbiamo guardare, politicamente e culturalmente, gli imprenditori in modo nuovo e diverso. Innanzitutto, non si vederli in opposizione al lavoro ma come suoi grandi alleati.
Dobbiamo poi finirla di confondere i veri imprenditori e la loro azione e vocazione civile con gli “speculatori” e coi “faccendieri” che imprenditori non sono, che depredano lavoratori e ambiente, e alimentano non "paradisi" ma “inferni fiscali” (davvero non sapevamo già che le grandi banche hanno da sempre filiali in queste isole “infelici” per operazioni offshore?). E in questa confusione troppo spesso gli imprenditori continuano a essere considerati da pezzi importanti dell’opinione pubblica potenziali evasori e imbroglioni, e quindi meritevoli di essere pubblicamente vessati. Questi sono veri e propri peccati sociali, di cui siamo responsabili tutti, se restiamo passivi e silenti.
Serve un nuovo pensiero su lavoro e imprenditori. E spunti e suggestioni ci giungono ancora da Francesco e dalla tradizione francescana, che – anche se può sembrare paradossale, vista la rinuncia da parte del povero frate di Assisi proprio alla sua iniziale condizione di ricco commerciante internazionale – valorizzò i mercanti e la loro funzione sociale. Non li considerava «come Giuda», ma diede vita a un laico ordine terziario che includeva molti di loro. Si realizzò, così, una strana affinità elettiva tra i poveri "per scelta" e molti mercanti conoscitori di denaro e di finanza.
Non va poi dimenticato che in molte città medievali i mercanti erano annoverati tra i pauperes, tra i poveri, perché non erano percettori di rendite ma vivevano di redditi sottoposti all’alea del mercato, alle sue incertezze e avversità. Oggi come ieri l’imprenditore vero è qualcuno che rischia i propri talenti e le proprie risorse per creare beni e lavoro. E per questo è amico dei poveri, soprattutto dei poveri di lavoro. Non vive di rendite, e quindi se non crea e innova cade a terra. E può cadervi anche innovando e facendo bene il proprio mestiere: lo stiamo vedendo troppe volte in questi tempi di crisi. La possibilità della sventura è parte della condizione umana, anche dei giusti, ma per questi può non essere l’ultima parola. Ridiamo fiducia e stima agli imprenditori, e con loro al mondo dell’impresa, che è il luogo dove il lavoro nasce, cresce, fruttifica. E come cittadini chiediamo di più, molto di più, alla politica e alle nostre istituzioni nazionali ed europee: oggi stanche e logore, ma solo con esse sarà possibile uscire dalla trappola.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-04-06 22:00:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-04-06 22:00:38 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4632 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 7357 [ordering] => 396 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-04-06 22:00:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7197:trappola-da-smontare [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Italia ed Europa, fisco e impresa
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 07/04/2013
Stiamo precipitando in una vera e propria trappola di povertà. La spirale è ben delineata: (1) lo Stato è indebitato e deve trovare risorse; (2) le risorse non vengono dal reddito-Pil perché siamo in recessione; (3) si è costretti a usare la leva fiscale, soprattutto su famiglie e imprese; (4) l’esasperata pressione fiscale riduce ancora il reddito prodotto; (5) diventano necessarie altre tasse per trovare altre risorse; (6) il reddito si riduce ancora, e così via, in una sorta di danza macabra che si avvita su se stessa verso il basso.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
stdClass Object ( [id] => 7173 [title] => Abitare il Sabato [alias] => abitare-il-sabato [introtext] =>Commenti - Società ed economia, donne e carismi
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 30/03/2013
È ogni giorno più evidente che il mondo politico, civile ed economico che avevamo costruito nel XX secolo è morto, senza che ancora si intravveda una resurrezione. Siamo nel sabato. Un 'non ancora' senza il 'già'. La storia umana ha conosciuto e conosce molti sabati santi, alcuni dei quali epocali. E anche per questo è importante che alla radice dell’evento cristiano, e quindi dell’umanesimo europeo, ci sia il sabato santo, un tempo anche storico che va tra la morte e la resurrezione, che è parte anch’esso di una storia di salvezza. Il sabato santo non è solo un vuoto, un’assenza, un intervallo, un sonno, né soltanto un’attesa.
[fulltext] =>È anche un inizio di passaggio, un’attività, una veglia, una presenza. Vi troviamo gli apostoli che, delusi e impauriti, si ritraggono scoraggiati e bloccati dalla grande crisi. Ma abbiamo anche alcune presenze, in particolare di donne. E, come ci ricordò Carlo Maria Martini in una sua lettera nel 2000, nel sabato c’è la presenza di Maria, la madre di Gesù. Mentre gli uomini fuggono, le donne restano, stanno, abitano il sabato, agiscono, attendono operose. La presenza di quelle donne, in quella cultura, ci dice almeno tre cose. Innanzitutto ci ricorda il valore della vita e del corpo, anche dei corpi feriti, senza vita. Vanno al sepolcro per ungere un corpo, e non si fanno bloccare dalla grande pietra posta all’ingresso. Il secondo messaggio riguarda i poveri: le donne in quella cultura non contavano, erano per natura, tra gli ultimi della società, erano quindi fragili e vulnerabili. Ma sono loro che non fuggono, che sono resilienti di fronte alla grande prova, e che sperano attivamente.
Le donne e Maria – il terzo messaggio – sono anche presenza dei carismi, perché hanno con essi familiarità spirituale e una speciale connaturalità. «Ave Maria piena di charis», di charis-ma e di gratuità. Non a caso il grande teologo Hans Urs Von Balthasar utilizzava quasi come sinonime le espressioni «principio carismatico » e «principio mariano». E i carismi, lo sappiamo, sono doni che fanno vedere di più, vedere diversamente, vedere cose che altri – in questo caso gli apostoli – non vedono. E vedendo diversamente, agiscono e operano diversamente. La nostra società e la nostra economia potranno vedere un’alba di resurrezione se sapremo vivere bene questo tempo del sabato.
Anche oggi, di fronte alle nostre crisi, molti fuggono, e in vari modi (nei paradisi fiscali, nel web senza corpi veri, nel cinismo civilmente disimpegnato). Ma oggi abbiamo anche un grande bisogno degli 'abitanti del sabato': delle donne, anche troppo fuori dai luoghi che contano, e abbiamo bisogno soprattutto dei carismi. Nei sabati della storia, mentre le istituzioni soffrivano, fuggivano, morivano, l’umanità si è salvata perché i carismi, e spesso le donne, sono stati capaci di restare, sotto le croci e presso i sepolcri del loro tempo. Hanno sperato attivamente. Tra la morte dell’impero romano e la rinascita della civiltà cittadina italiana e europea, non c’è stato solo un vuoto o un’assenza: nel guado tra un mondo e un altro c’è stata la presenza di tanti carismi monastici, che nell’attesa hanno salvato e inventato la nuova Europa, supplendo alla morte delle vecchie istituzioni, e inventandone delle nuove.
Tra la fine dell’ancien régime e gli Stati sociali moderni, sono fioriti centinaia, migliaia, di carismi e istituzioni carismatiche che hanno inventato, con la creatività tipica della charis/charitas, la cura delle nuove e vecchie forme di miseria e di esclusione, che hanno formato e istruito intere generazioni di uomini e di donne. E ancora tra rivoluzione industriale e Stato sociale, tra fascismo e democrazia, e potremmo allargare lo sguardo all’India di Gandhi e di Madre Teresa, o alle istituzioni di microfinanza di suor Nancy Pereira. I carismi, come Maria alle Nozze di Cana, vedono prima degli altri, e dicono, a volte urlano: "Non hanno più vino". Sono i carismi i protagonisti dei sabati santi della storia, che fanno da ponte tra i venerdì e le domeniche, e accompagnano il cammino. Al nostro sabato mancano i carismi e i loro occhi, che sono troppo assenti, o emarginati, dalla sfera pubblica, economica, politica.
È emblematico che le personalità che dovrebbero essere capaci di portarci fuori dal pantano politico-economico irresponsabile in cui siamo immersi, siano cercate tra i tecnici, i professori, gli intellettuali, senza accorgerci che queste categorie non hanno più, e ormai da tempo, le risorse morali per spostare il grande masso posto di fronte al sepolcro... Per rimuover quel masso non serve la tecnica, occorrerebbero occhi di resurrezione. C’è bisogno di mistici, di carismi, di profeti, di persone capaci di vedere il 'vino' che manca, e poi fare in modo che arrivi veramente e presto. Ma questi nomi di uomini, ancor meglio di donne, spirituali non vengono fatti, né pensati. Al tempo stesso, il mondo dei carismi, ancora vivo e fecondo, deve fare di più, deve far sentire di più la sua voce, che è sempre voce di poveri e per i poveri, e poi fare proposte anche politiche, perché i carismi sono doni per il bene comune, e quindi faccende laiche, civili e politiche.
Quando manca la voce e la presenza dei carismi, le istituzioni non sanno né vedere né quindi operare per il bene comune, soprattutto nei tempi del sabato. La nostra crisi è anche, e soprattutto, crisi spirituale, perché con la fine delle ideologie si sono spenti i motori simbolici della nostra fabbrica civile ed economica. E quando si spegne il grande Paradiso, arrivano quelli piccolissimi e artificiali, che presto si rivelano grandi inferni. Ridoniamo al nostro sabato gli occhi del carismi.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-03-29 23:19:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-03-29 23:19:41 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 5046 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 5995 [ordering] => 397 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-03-29 23:19:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7173:abitare-il-sabato [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Società ed economia, donne e carismi
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 30/03/2013
È ogni giorno più evidente che il mondo politico, civile ed economico che avevamo costruito nel XX secolo è morto, senza che ancora si intravveda una resurrezione. Siamo nel sabato. Un 'non ancora' senza il 'già'. La storia umana ha conosciuto e conosce molti sabati santi, alcuni dei quali epocali. E anche per questo è importante che alla radice dell’evento cristiano, e quindi dell’umanesimo europeo, ci sia il sabato santo, un tempo anche storico che va tra la morte e la resurrezione, che è parte anch’esso di una storia di salvezza. Il sabato santo non è solo un vuoto, un’assenza, un intervallo, un sonno, né soltanto un’attesa.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
stdClass Object ( [id] => 7145 [title] => Quell'altra economia che ha nome Francesco [alias] => quell-altra-economia-che-ha-nome-francesco [introtext] =>Commenti - Idee e opere, oltre la cultura del non-abbraccio
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 24/03/2013
Francesco è un nome che dice molte cose, anche all’economia e alla finanza. E, se sappiamo e vogliamo ascoltare, ci lancia messaggi essenziali per curare, veramente e in profondità, le nostre crisi. Francesco d’Assisi, perché amante di 'madonna povertà', è anche all’origine di importanti cambiamenti economici, teorici e pratici. Il movimento francescano diede vita alla prima importante scuola di pensiero economico, ed è anche all’origine della tradizione di banca e di finanza (gli ormai famosi Monti di Pietà, i prodromi della finanza popolare e solidale italiana).
[fulltext] =>Non si ricorda però a sufficienza che queste istituzioni bancarie popolari fiorirono due secoli dopo una profonda e sistematica riflessione culturale e filosofica su economia, moneta e mercato.
Olivi, Scoto, Occam, e decine di altri maestri francescani, furono dottori anche di economia, perché colsero, per istinto carismatico, che dovevano studiare le res novae del loro tempo, dovevano riflettere profondamente sui grandi cambiamenti della loro epoca, quando stava iniziando una grande rivoluzione commerciale e cittadina che poi fiorì nell’Umanesimo civile. Studiarono economia per amore della loro gente, soprattutto dei poveri.
Il primo messaggio che ci proviene da Francesco e dal suo movimento carismatico è il significato morale e civile dello studio e della scienza. Questa crisi ci sta dicendo ogni giorno con maggiore forza che l’economia e la finanza a una sola dimensione (quella dei profitti di breve periodo) produce disastri e disumanesimo (Cipro è l’ennesimo segnale). Ma mentre la crisi continua a mietere le sue vittime, in tutte le università si continua a studiare e a insegnare la finanza e l’economia retta dagli stessi princìpi che hanno causato queste crisi. I libri di testo sono gli stessi, i dogmi e la spocchia imperialista di noi economisti sono gli stessi del pre-crisi, i nostri migliori studenti continuano a formarsi in scuole di dottorato con gli stessi programmi del 2007.
Francesco allora invita i veri amanti del bene comune e quindi di 'madonna povertà' (il primo metro di bene comune sono sempre le condizioni dei poveri), a investire molto di più nello studio delle res novae del nostro tempo, che sono i temi del lavoro, del management delle imprese, dell’economia e della finanza, che oggi soffrono anche 'per mancanza di pensiero'. E sull’esempio degli antichi Monti di Pietà, il mondo si cambiadando vita non solo a libri e a conferenze, ma a nuove istituzioni.
I carismi hanno prodotto anche università che sono state sulle frontiera delle innovazioni culturali del loro tempo, perché è tipico del carisma vedere prima e più lontano. Oggi la nostra cultura e la nostra scienza soffrono per mancanza dei carismi, che debbono tornare a svolgere il loro compito, che è anche compito civile, scientifico e culturale. C’è un estremo, vitale, bisogno di dar vita a nuovi istituti di ricerca e a nuove università dove si possano studiare diversamente contenuti diversi da quelle che continuano a insegnare i templi del sapere, molti dei quali finanziati dai proventi di questa (brutta) finanza. C’è bisogno di nuovi studia e nuove scholae dove si produca ad alto livello pensiero economico e sociale diverso, e poi di scuole popolari che diffondano e alimentino con la vita quel nuovo pensiero a tutti i livelli: dove sono? Se non lo faremo, continueremo a lamentarci della crisi e della disoccupazione, ma non saremo all’altezza di Francesco e dei francescani che lavorarono per orientare la società del loro tempo, anche con idee e scienza nuove.
Un secondo messaggio di Francesco è, e non può che essere, la povertà. È molto legato al primo messaggio – non a caso la 'scienza' è un frutto dello Spirito, ed è lo stesso Spirito ad essere 'padre dei poveri'.
Ci sono parole che sono sempre e solo negative: menzogna, schiavitù, razzismo… La povertà non è una di queste, perché dopo Francesco (e quindi dopo il cristianesimo) quando si parla di povertà dovremmo sempre specificare di quale povertà stiamo parlando. Questa grande parola copre un ampio spettro semantico, che va dal dramma di chi la povertà la subisce fino alla beatitudine di chi la povertà la sceglie liberamente, spesso per riscattare altri da povertà non scelte e subite. La nostra cultura non ha strumenti adeguati per affrontare le antiche e nuove povertà non scelte, perché ha perso contatto con le semantiche della bella povertà scelta, che si chiamano stili di vita sobri, solidali, soprattutto comunione conviviale e fraterna. Francesco ci ricorda che solo chi ama la buona povertà sa prima vedere, e quindi combattere, quella cattiva.
Finché i programmi governativi, pubblici e privati di lotta alla povertà saranno pensati e implementati da politici e funzionari che alternano convegni sulla povertà a vacanze da ricchi epuloni, la povertà continuerà a essere oggetto di studi (spesso inutili), report e convegni, ma né vista né capita, quindi non curata. Per curare la povertà servono i carismi, quindi poveri che curano poveri. Il capitalismo filantropico sta aumentando le istituzioni che si occupano di povertà, senza però che tra chi aiuta e chi è aiutato si crei nessun incontro autentico.
Francesco ha curato, quantomeno l’anima, dei lebbrosi di Assisi (a Rivotorto) abbracciandoli e baciandoli: è l’abbraccio la prima forma di cura. Francesco oggi ci ricorda e ci ammonisce di non cadere nelle trappole della nostra cultura dominata dall’immunità, una cultura del nonabbraccio che si sta insinuando anche all’interno delle nostre istituzioni nate per 'curare' le povertà, dove stanno crescendo i professionisti della cura e dell’assistenza (ed è cosa buona), ma dove rischiano di diminuire gli abbracci. L’indice di fraternità – altra splendida parola francescana – è dato dal grado di inclusione comunitaria dei poveri, che può essere inverso alla creazione di enti specializzati per gestirli, ai quali si appalta la 'cura dei poveri' al fine di tenerli ben lontani dalle nostre città immuni e immunizzanti.
Rimettiamoci allora all’ascolto di Francesco, dei suoi messaggi antichi, dei suoi messaggi di futuro.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-03-23 23:19:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-03-23 23:19:41 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 5401 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6572 [ordering] => 398 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-03-23 23:19:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7145:quell-altra-economia-che-ha-nome-francesco [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>
Commenti - Idee e opere, oltre la cultura del non-abbraccio
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 24/03/2013
Francesco è un nome che dice molte cose, anche all’economia e alla finanza. E, se sappiamo e vogliamo ascoltare, ci lancia messaggi essenziali per curare, veramente e in profondità, le nostre crisi. Francesco d’Assisi, perché amante di 'madonna povertà', è anche all’origine di importanti cambiamenti economici, teorici e pratici. Il movimento francescano diede vita alla prima importante scuola di pensiero economico, ed è anche all’origine della tradizione di banca e di finanza (gli ormai famosi Monti di Pietà, i prodromi della finanza popolare e solidale italiana).
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
stdClass Object ( [id] => 7108 [title] => Sorella bellezza [alias] => sorella-bellezza [introtext] =>Commenti - In Italia ha generato Economia e Civiltà, difendiamola e torniamo a produrla
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 17/03/2013
Abbiamo un vitale bisogno della virtù civile ed economica della bellezza. La bellezza ci è necessaria per il rilancio della nostra economia e del lavoro, per una rifondazione della scuola e dell’università, e per curare veramente le vecchie e nuove forme di povertà involontaria e non scelta, che per essere sanate hanno bisogno della bella povertà di Francesco. L’economia e la civiltà italiane non hanno solo 'generato' bellezza (artistica, musicale, urbana ...): prima è stata la bellezza a generare economia e civiltà.
[fulltext] =>Il Made in Italy, di ieri e di oggi, lo hanno fatto artigiani lavoratori formati dalla bellezza, cresciuti in mezzo alle nostre cattedrali, piazze, valli, mari e montagne. Gli input delle nostre economie non sono stati soltanto le materie prime, il capitale e il lavoro: nelle filiere produttive sono entrati anche Dante, Pinocchio, Fellini, storie, paesaggi, affreschi, chiese. Bellezza che è diventata anche design, auto, scarpe, abiti, cibo.
Quando andiamo in Umbria o in Sicilia per turismo eno-gastronomico, non 'consumiamo' soltanto alloggio, cibo e vino, stiamo 'mangiando e bevendo' anche bellezza, accumulata in millenni di cultura e di paesaggio (nel prezzo dei beni ci sono componenti che l’imprenditore vende, ma che non son suoi: le tasse sono anche questo). Siamo stati capaci di creare valore economico finché siamo stati capaci di generare valore aggiunto in bellezza, fin quando l’abbiamo saputa raccontare, e poi tradurla anche in prodotti, in beni, in economia, benessere. Oggi stiamo consumando bellezza, ma non siamo capaci di riprodurla, se non in quantità minima. Dobbiamo tornare a produrre bellezza, se vogliamo tornare a produrre beni e lavoro. Ma la bellezza non si pianifica nelle business school né nei tavoli politici: nasce, fiorisce, dalla gratuità, da quella charis / grazia che è radice anche di bellezza (grazioso), e quindi dall’amore dei luoghi, delle città, dei territori.
La bellezza è poi essenziale, sebbene oggi meno evidente, per una buona scuola e buone università, che sperimentano carestie non solo di risorse economiche e finanziarie, ma anche di bellezza. Per la formazione del carattere dei bambini e dei giovani dovremmo usare i luoghi più belli della città, oggi catturati dalle banche e dalle rendite, mentre gli studenti sono confinati in edifici sempre meno curati, spesso in un vero stato di degrado. Non so come si possa insegnare, incontrare e conoscere Socrate, Pitagora e Leopardi in luoghi brutti.
Chi lavora nelle scuole sa – se vede bene – che le aule, le pareti, i giardini parlano e insegnano, sono 'colleghi' parlanti linguaggi non verbali, ma vivi come i nostri. Questo lo sanno molto bene i bambini, perché lo hanno imparato dalle fiabe e dai cartoni, dove anche i grilli, gli animali e le piante parlano, e dove le case hanno occhi e sanno sorridere. Anche per questo motivo i bambini non sono adulti con qualcosa in meno, perché hanno anche qualcosa in più degli adulti, che si perde crescendo. Senza questa consapevolezza è impossibile una vera reciprocità bambino-adulto. Ma se pochi minuti dopo aver letto un testo di Ungaretti, cercando di far vivere e sperimentare qualcosa del mistero della poesia (la poesia o la si vive e sente nella carne, o è esercizio inutile, se non dannoso), gli alunni e gli studenti fanno ricreazione in luoghi sciatti e degradati, quell’esercizio di libertà e di verità si disperde. Così il giorno dopo l’insegnante-Sisifo, deve ripartire da zero, o quasi. Non c’è scuola buona che non sia anche bella.
Ma se c’è un luogo dove il bisogno di bellezza è ancora più urgente, questo è il mondo delle povertà. Nelle società passate, i luoghi più belli della città erano le cattedrali e le chiese, abitati dal popolo, quindi anche dai poveri. È stupefacente pensare che gli affreschi di Giotto e di Caravaggio adornavano anche, e soprattutto, i luoghi dei poveri, quelli della gente semplice, umile, analfabeta: il giogo duro delle loro vite brevi e piene di stenti era reso più leggero anche dal dono dell’arte di artisti e di mecenati, che con la bellezza restituivano e condividevano parte della loro ricchezza.
Certo, in quelle società c’erano ancora molto lusso e molta ricchezza privata non condivisa con tutti né tantomeno con i poveri. Ma oggi, nonostante rivoluzione francese e democrazia, la ricchezza condivisa sotto forma di bellezza è ancora minore, perché la ricchezza che nasce dalla finanza finisce nei paradisi fiscali, o in residenze e beni di consumo privatissimi e invisibili. Le ville dei super-ricchi non abbelliscono alcuna città, perché la gente non le vede più, tantomeno le 'abita': sono ricchezze incivili, perché non sono nelle e per le città. Così quei lussi e quegli sfarzi non sono più autenticamente bellezza, e neanche per chi li possiede, perché la bellezza per essere tale ha bisogno dello sguardo dell’altro, e dello sguardo del povero. «Sposata hai una pena di non provar gioia alcuna che non sia di tutti»: c’è qualcosa di universale in questo bel verso di Davide Maria Turoldo. «Nella mia cooperativa – mi raccontava un imprenditore civile – voglio avere ottimi parrucchieri, perché – aggiungeva – se una signora anziana che si è fratturata un femore non si risente bella, non guarisce, e può lasciarsi morire».
La bellezza vera è terapeutica: si può morire, o non guarire, anche per la bruttezza dei luoghi. Accogliere e aiutare persone povere in luoghi belli dà loro quella forza in più per fare il primo passo per riprendere il cammino, perché la bellezza risveglia la nostra parte migliore. Questa bellezza non è un bene di lusso, è un bene di prima necessità, che coabita con la sobrietà e la povertà. Riportiamo allora la bellezza nelle città, nelle imprese, nelle scuole, altrimenti ci mancherà la forza spirituale e simbolica per ricominciare.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-03-16 23:19:38 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-03-16 23:19:41 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4856 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6000 [ordering] => 399 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-03-16 23:19:38 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7108:sorella-bellezza [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>
Commenti - In Italia ha generato Economia e Civiltà, difendiamola e torniamo a produrla
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 17/03/2013
Abbiamo un vitale bisogno della virtù civile ed economica della bellezza. La bellezza ci è necessaria per il rilancio della nostra economia e del lavoro, per una rifondazione della scuola e dell’università, e per curare veramente le vecchie e nuove forme di povertà involontaria e non scelta, che per essere sanate hanno bisogno della bella povertà di Francesco. L’economia e la civiltà italiane non hanno solo 'generato' bellezza (artistica, musicale, urbana ...): prima è stata la bellezza a generare economia e civiltà.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )
stdClass Object ( [id] => 7048 [title] => Figli nostri, stranieri [alias] => figli-nostri-stranieri [introtext] =>Commenti - Il tempo dei ciclopi: la non-accoglienza nel mondo del lavoro
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 10/03/2013
Abbiamo un vitale bisogno di riscoprire la virtù dell’ospitalità. Soprattutto nei confronti dei giovani, che stanno diventando ogni giorno di più i primi stranieri in una società di adulti che non capiscono, che non dà loro spazio, che li ha indebitati senza chiedere loro il consenso, e che vedono degradare i loro luoghi, la scuola soprattutto.Il mondo è cambiato troppo velocemente, e se persino noi adulti avvertiamo con chiarezza la fine di un sistema, non è difficile immaginare quanto distante e strano apparirà questo nostro vecchio mondo ad un ventenne, ad una quindicenne. Ci sono generazioni che invecchiano prima di altre, è la storia a dircelo. La nostra è una di queste.
[fulltext] =>“Si, funziona, ma non dà i soldi”, ha esclamato ieri un ragazzo di circa 10 anni in una metro di Roma, con l’intenzione di correggere la mamma che aveva risposto con un secco “no” ad un signore che le aveva domandato: “funziona il bancomat?”. In realtà avevano ragione sia la madre che il bambino, perché ciascuno guardava diversamente la stessa macchina: strumento per avere contanti (mamma), touch-screen colorato con tanti pulsanti (bambino).
Dialoghi simili, e civilmente molto più rilevanti, stanno diventando troppo frequenti nel mondo della scuola e del lavoro, dove si fa fatica ad intendersi, a parlarsi, a stimarsi. A dirci senza troppa filosofia che i giovani sono estranei e stranieri nella loro terra è quel 43% di disoccupazione giovanile, un numero che non dovrebbe farci dormire la notte; e invece dormiamo, perché ormai assuefatti ai numeri negativi, ma ancor più perché ci stiamo dimenticando che ogni giovane non è figlio soltanto dei suoi genitori, ma è figlio di tutti.
C’era forse qualcosa di questa figliolanza (e di questa fraternità) universale alla radice della regola aurea dell’ospitalità che ritroviamo alle radici della nostra storia, una ospitalità che portava a considerare l’ospite/straniero come sacro, e quindi da onorare con l’offerta di doni. Le grandi civiltà avevano intuito che non c’è nessuna persona che sia veramente estranea né straniera. Ce lo suggerisce anche la giustamente famosa frase di Terenzio: “Sono uomo. E ritengo che nulla di ciò che è umano mi è estraneo”.
In ogni essere umano, e in un certo senso anche in ogni realtà della creazione, vive e rivive qualcosa di me, e di me in loro, come se nel genoma di ogni essere vivente ci fosse una traccia di tutti gli altri. Credo che Francesco volesse dirci, con altra bellezza e forza, qualcosa del genere con il suo “Cantico delle creature”. La natura più profonda della norma dell’ospitalità non è allora l’altruismo, è la reciprocità: “Ricordati, anche tu eri straniero” (Esodo). Dobbiamo essere ospitali con lo straniero (che si trova in quanto straniero in una condizione di fragilità e di vulnerabilità), anche perché lo siamo stati noi, i nostri nonni, e perché lo potranno essere i nostri figli. È condizione dell’umano. È questa ospitalità-reciprocità di cui si sente la mancanza nella nostra cultura; e la sentono soprattutto i giovani perché, insieme con gli anziani, sono quelli che ne hanno un estremo bisogno per vivere bene, e, sempre più, per vivere e basta.
Invece quando oggi un giovane si incontra con il mondo del lavoro fa troppe volte l’esperienza di Ulisse con Polifemo, il ciclope che in Omero rappresenta l’immagine della inciviltà, proprio perché praticava l’anti-accoglienza: invece di offrire doni ai suoi ospiti, li divorava. Invece del pane, la pietra; non l’uovo, ma lo scorpione. Stiamo vedendo troppi giovani divorati da anni di non-lavoro, da un ozio non scelto e non meritato che mangia giorno dopo giorno il loro capitale umano acquisito studiando, e quello non rinnovabile della giovinezza. E altrettanti giovani divorati da un lavoro sbagliato, quello imposto da quelle grandi imprese, banche, società di consulenza capitalistiche che assumono giovani senza la gratuità dell’ospitalità: li usano, li spremono, non danno loro il tempo di crescere bene, obblighi senza doni. Li divorano un po’ alla volta.
E i “fortunati” che riescono ad accedere a questi lavori-caverne, si ritrovano con enormi massi che ostruiscono l’uscita. Il masso più pesante è la crisi che stiamo vivendo, che li porta ad accettare, o a non lasciare “all’apparir del vero”, lavori sbagliati perché devono vivere, per fame. Così diventa normale che le grandi imprese, a posto dei “doni ospitali”, facciano firmare contratti capestro dove il giovane, come “contro-dono” all’impresa che gli paga il master, si impegna a restare in quella impresa per un certo numero di anni. Pratiche servili, quasi roba da schiavi.
Sono certo che da tali master-capestro non potrà mai fiorire l’umanità delle persone, che ha bisogno sempre dell’acqua della libertà e della luce della gratuità. Ma nell’economia complessa di oggi e di domani, senza persone libere e “fiorite in umanità”, non arrivano più neanche la crescita e i profitti dell’impresa. Occorre allora rilanciare una nuova cultura dell’ospitalità lavorativa, dove le imprese investano veramente nei primi anni di lavoro dei giovani che ricevono, e reimparino a donare. E in questi giorni in cui si parla molto, e in molti casi opportunamente, di ‘salario di cittadinanza’, non dobbiamo mai dimenticare che il primo dono che la società civile e le istituzioni devono fare ai loro giovani è il dono del lavoro, mettendoli nelle condizioni, a partire da migliori studi, di poter lavorare, e possibilmente di lavorare bene.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-03-10 08:07:19 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-03-10 08:07:19 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4297 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 5501 [ordering] => 400 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-03-10 08:07:19 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7048:figli-nostri-stranieri [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>Commenti - Il tempo dei ciclopi: la non-accoglienza nel mondo del lavoro
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 10/03/2013
Abbiamo un vitale bisogno di riscoprire la virtù dell’ospitalità. Soprattutto nei confronti dei giovani, che stanno diventando ogni giorno di più i primi stranieri in una società di adulti che non capiscono, che non dà loro spazio, che li ha indebitati senza chiedere loro il consenso, e che vedono degradare i loro luoghi, la scuola soprattutto.Il mondo è cambiato troppo velocemente, e se persino noi adulti avvertiamo con chiarezza la fine di un sistema, non è difficile immaginare quanto distante e strano apparirà questo nostro vecchio mondo ad un ventenne, ad una quindicenne. Ci sono generazioni che invecchiano prima di altre, è la storia a dircelo. La nostra è una di queste.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-odd )
stdClass Object ( [id] => 7020 [title] => Anche il mercato è cosa pubblica [alias] => anche-il-mercato-e-cosa-pubblica [introtext] =>Commenti - Necessaria più democrazia
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 03/03/2013
In Svizzera oggi si sta svolgendo un referendum per porre un freno alle remunerazioni dei manager delle società quotate in borsa. È questa una felice occasione per riaprire anche da noi il tema delle remunerazioni dei cosiddetti “top manager”, e su quello, ancora più importante perché radice del primo, della democrazia economica. Ma l’Italia? L’Europa? Una ragione di questa assenza, o, speriamo, ritardo, è l’incapacità dell’Europa, tanto più dell’Italia, di proporre nei decenni passati una diversa cultura economica e di impresa.
[fulltext] =>Oggi le business school sono tutte uguali: ad Harvard, Nairobi, San Paolo, Berlino, Pechino, Milano si insegnano le stesse cose, si utilizzano gli stessi libri di testo, a volte persino le stesse slides scaricabili in rete. Ho visto fare corsi di ‘responsabilità sociale d’impresa’ in classi dove dirigenti di cooperative sedevano accanto a manager di fondi di investimento speculativi, poiché, si diceva, “business is business”. E così non stupisce, ma rattrista soltanto, che si stiano progressivamente avvicinando tra di loro la cultura e gli stipendi delle grandi cooperative e quelli delle imprese capitalistiche, un avvicinamento che farà senz’altro rivoltare nella tomba i fondatori del movimento cooperativo, che avevano immaginato e realizzato imprese diverse anche perché capaci di tradurre i principi di fraternità e uguaglianza in busta paga, e non solo nei preamboli degli statuti.
Eppure l’Europa e l’Italia avevano, e un po’ ce l’hanno ancora, un altro modo di fare impresa e di fare società, un altro ‘spirito del capitalismo’, che si chiamano in Germania ‘economia sociale di mercato’, in Francia ‘economia sociale’, in Italia ‘economia civile’, in Spagna e in Portogallo ‘economia solidaria’. Una cooperativa sociale non è una istituzione filantropica (charity), ma una faccenda di reciprocità e di inclusione produttiva, è un “fare con” prima di essere un “fare per”. Una fondazione bancaria non è una foundation americana, e le piccole e medie imprese di natura famigliare, l’asse portante della nostra economia, non hanno né la cultura né gli strumenti della corporation anonima, anche se tante di queste nostre imprese si sono smarrite per inseguire quei modelli estranei. In Italia avevamo anche la gloriosa tradizione della Economia aziendale, oggi purtroppo in via d’estinzione, che era un felice tentativo di tradurre il modello comunitario e relazionale italiano in cultura organizzativa, dove lo scopo dell’azienda non era la massimizzazione del profitto, ma l’equilibrio tra tutte le componenti di una istituzione, e il cui principio fondante era “il soddisfacimento dei bisogni umani” (Gino Zappa, 1927).
La crisi economica è anche frutto di una cultura manageriale che si è rivelata inadeguata, certamente per una legislazione insufficiente e sbagliata, ma anche per una forma mentis che inizia nelle università di economia e poi continua nei master; una formazione sbagliata che è anche alla base della giustificazione di quei stipendi da superstar. Gli attuali curricula economici sono, in tutto il mondo, sempre più depurati da tutte le dimensioni umanistiche e storiche, illudendosi che riducendo il pensiero economico a numeri, tabelle, grafici e algoritmi (e sempre più semplici), si possa formare della gente capace di pensare, di creatività, di innovazione vera, o di coordinare le persone e il loro mistero antropologico e spirituale, che restano tali anche quando lavorano. Eppure i futuri lavori nasceranno, certamente in Italia, da cultura, arte, turismo, relazioni, e per far bene questi mestieri è molto utile conoscere la storia, la cultura o l’arte, e forse più delle tecniche di bilancio, di valutazione e controllo.
C’è allora bisogno di riaprire un dibattito pubblico su questi temi cruciali, che non possono essere lasciati agli “addetti ai lavori”: lo abbiamo fatto negli anni passati, e i risultati sono sotto gli occhi tutti. La cultura democratica moderna ha posto al centro la politica e il governo dello Stato: ottimo. Ma il mondo è molto cambiato, e oggi sappiamo, o dovremmo sapere, che il buongoverno passa anche, e sempre più, per il buongoverno dei mercati, delle imprese e delle organizzazioni. Di Parlamento ce n’è uno (in Italia), ma i consigli di amministrazione di banche e imprese sono decine di migliaia: la qualità della nostra vita, della nostra dignità e libertà dipende anche da questi, e non possiamo continuare a ignorarlo. La democrazia economica sarà la sfida del XXI secolo, se vogliamo evitare di ridurre l’area democratica a settori sempre meno rilevanti per la vita della gente, a sentirci sovrani il giorno delle elezioni e tutti gli altri giorni sudditi di tanti regnanti non democratici. Il XX secolo ha creato e ha mantenuto saldo il confine tra gli ambiti di azione della democrazia e quelli retti da altri principi non democratici.
Tra gli ambiti non democratici quello delle imprese capitalistiche era ed è il più importante e rilevante. La nuova era dei beni comuni ci costringe a ripensare profondamente il confine della democrazia, se non vogliamo perderla, o costringerla in una regione asfittica, un giorno forse irrilevante. Il mercato e le imprese non sono faccende private: non lo sono mai state (si pensi ai sindacati dei lavoratori e di chi fa impresa). Questa crisi, però, ci ha detto con estrema forza e chiarezza che anche l’economia, la finanza e il mercato sono veramente ‘cosa pubblica’, con le sue delizie e con le sue croci, di cui abbiamo il dovere e il diritto di occuparci, non fosse altro perché siamo noi a pagare tutte le conseguenze del loro malgoverno. Occorre allora inventare nuovi strumenti di democrazia economica, che non possono essere gli stessi della democrazia politica. E occorre pensarli e su scala globale. Ma occorre farlo presto, è troppo importante.
Tutti i commenti di Luigino Bruni su Avvenire sono disponibili nel menù Editoriali Avvenire
[checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [catid] => 888 [created] => 2013-03-03 00:00:00 [created_by] => 64 [created_by_alias] => Luigino Bruni [state] => 1 [modified] => 2020-10-14 14:41:58 [modified_by] => 2025 [modified_by_name] => Maria Rosa Logozzo [publish_up] => 2013-03-03 00:00:00 [publish_down] => 0000-00-00 00:00:00 [images] => [urls] => [attribs] => {"show_title":"","link_titles":"","show_intro":"","show_category":"","link_category":"","show_parent_category":"","link_parent_category":"","show_author":"","link_author":"","show_create_date":"","show_modify_date":"","show_publish_date":"","show_item_navigation":"","show_icons":"","show_print_icon":"","show_email_icon":"","show_vote":"","show_hits":"","show_noauth":"","urls_position":"","alternative_readmore":"","article_layout":"","show_publishing_options":"","show_article_options":"","show_urls_images_backend":"","show_urls_images_frontend":"","multicats":"[\"888\"]"} [metadata] => {"robots":"","author":"","rights":"","xreference":""} [metakey] => [metadesc] => [access] => 1 [hits] => 4238 [xreference] => [featured] => 0 [language] => it-IT [on_img_default] => 1 [readmore] => 6020 [ordering] => 401 [category_title] => IT - Editoriali Avvenire [category_route] => economia-civile/it-editoriali-vari/it-varie-editoriali-avvenire [category_access] => 1 [category_alias] => it-varie-editoriali-avvenire [published] => 1 [parents_published] => 1 [lft] => 79 [author] => Luigino Bruni [author_email] => ferrucci.anto@gmail.com [parent_title] => IT - Editoriali vari [parent_id] => 893 [parent_route] => economia-civile/it-editoriali-vari [parent_alias] => it-editoriali-vari [rating] => 0 [rating_count] => 0 [alternative_readmore] => [layout] => [params] => Joomla\Registry\Registry Object ( [data:protected] => stdClass Object ( [article_layout] => _:default [show_title] => 1 [link_titles] => 1 [show_intro] => 1 [info_block_position] => 0 [info_block_show_title] => 1 [show_category] => 1 [link_category] => 1 [show_parent_category] => 1 [link_parent_category] => 1 [show_associations] => 0 [flags] => 1 [show_author] => 0 [link_author] => 0 [show_create_date] => 1 [show_modify_date] => 0 [show_publish_date] => 1 [show_item_navigation] => 1 [show_vote] => 0 [show_readmore] => 0 [show_readmore_title] => 0 [readmore_limit] => 100 [show_tags] => 1 [show_icons] => 1 [show_print_icon] => 1 [show_email_icon] => 1 [show_hits] => 0 [record_hits] => 1 [show_noauth] => 0 [urls_position] => 1 [captcha] => [show_publishing_options] => 1 [show_article_options] => 1 [save_history] => 1 [history_limit] => 10 [show_urls_images_frontend] => 0 [show_urls_images_backend] => 1 [targeta] => 0 [targetb] => 0 [targetc] => 0 [float_intro] => left [float_fulltext] => left [category_layout] => _:blog [show_category_heading_title_text] => 0 [show_category_title] => 0 [show_description] => 0 [show_description_image] => 0 [maxLevel] => 0 [show_empty_categories] => 0 [show_no_articles] => 1 [show_subcat_desc] => 0 [show_cat_num_articles] => 0 [show_cat_tags] => 1 [show_base_description] => 1 [maxLevelcat] => -1 [show_empty_categories_cat] => 0 [show_subcat_desc_cat] => 0 [show_cat_num_articles_cat] => 0 [num_leading_articles] => 0 [num_intro_articles] => 14 [num_columns] => 2 [num_links] => 0 [multi_column_order] => 1 [show_subcategory_content] => -1 [show_pagination_limit] => 1 [filter_field] => hide [show_headings] => 1 [list_show_date] => 0 [date_format] => [list_show_hits] => 1 [list_show_author] => 1 [list_show_votes] => 0 [list_show_ratings] => 0 [orderby_pri] => none [orderby_sec] => rdate [order_date] => published [show_pagination] => 2 [show_pagination_results] => 1 [show_featured] => show [show_feed_link] => 1 [feed_summary] => 0 [feed_show_readmore] => 0 [sef_advanced] => 1 [sef_ids] => 1 [custom_fields_enable] => 1 [show_page_heading] => 0 [layout_type] => blog [menu_text] => 1 [menu_show] => 1 [secure] => 0 [helixultimatemenulayout] => {"width":600,"menualign":"right","megamenu":0,"showtitle":1,"faicon":"","customclass":"","dropdown":"right","badge":"","badge_position":"","badge_bg_color":"","badge_text_color":"","layout":[]} [helixultimate_enable_page_title] => 1 [helixultimate_page_title_alt] => Economia Civile [helixultimate_page_subtitle] => Editoriali Avvenire [helixultimate_page_title_heading] => h2 [page_title] => Editoriali Avvenire [page_description] => [page_rights] => [robots] => [access-view] => 1 ) [initialized:protected] => 1 [separator] => . ) [displayDate] => 2013-03-03 00:00:00 [tags] => Joomla\CMS\Helper\TagsHelper Object ( [tagsChanged:protected] => [replaceTags:protected] => [typeAlias] => [itemTags] => Array ( [0] => stdClass Object ( [tag_id] => 13 [id] => 13 [parent_id] => 1 [lft] => 23 [rgt] => 24 [level] => 1 [path] => editoriali-avvenire [title] => Editoriali Avvenire [alias] => editoriali-avvenire [note] => [description] => [published] => 1 [checked_out] => 0 [checked_out_time] => 0000-00-00 00:00:00 [access] => 1 [params] => {"tag_layout":"","tag_link_class":"label label-info"} [metadesc] => [metakey] => [metadata] => {"author":"","robots":""} [created_user_id] => 609 [created_time] => 2020-07-17 04:14:05 [created_by_alias] => [modified_user_id] => 0 [modified_time] => 2020-07-17 04:14:05 [images] => {"image_intro":"","float_intro":"","image_intro_alt":"","image_intro_caption":"","image_fulltext":"","float_fulltext":"","image_fulltext_alt":"","image_fulltext_caption":""} [urls] => {} [hits] => 23925 [language] => * [version] => 1 [publish_up] => 2020-07-17 04:14:05 [publish_down] => 2020-07-17 04:14:05 ) ) ) [slug] => 7020:anche-il-mercato-e-cosa-pubblica [parent_slug] => 893:it-editoriali-vari [catslug] => 888:it-varie-editoriali-avvenire [event] => stdClass Object ( [afterDisplayTitle] => [beforeDisplayContent] => [afterDisplayContent] => ) [text] =>
Commenti - Necessaria più democrazia
di Luigino Bruni
pubblicato su Avvenire il 03/03/2013
In Svizzera oggi si sta svolgendo un referendum per porre un freno alle remunerazioni dei manager delle società quotate in borsa. È questa una felice occasione per riaprire anche da noi il tema delle remunerazioni dei cosiddetti “top manager”, e su quello, ancora più importante perché radice del primo, della democrazia economica. Ma l’Italia? L’Europa? Una ragione di questa assenza, o, speriamo, ritardo, è l’incapacità dell’Europa, tanto più dell’Italia, di proporre nei decenni passati una diversa cultura economica e di impresa.
[jcfields] => Array ( ) [type] => intro [oddeven] => item-even )