Economia a prova di felicità

Economia a 360 gradi - Le virtù del Mercato

di Luigino Bruni

pubblicato sul Messaggero di S.Antonio il 04/01/2018

Nonostante  l’economia e il mercato ci offrano, quotidianamente, uno spettacolo di vizi, l’economia e il mercato sono abitati anche da molte virtù. Perché, semplicemente, l’economia è la vita. E quindi è piena di vizi e di virtù, come lo è la vita. In questo nostro tempo di passaggio d’epoca sono però troppe le parole spese per sottolineare i vizi dell’economia, degli imprenditori, delle banche. C’è quindi un estremo bisogno di nuove «parole buone» sull’economia, sui lavoratori, sulle imprese. C’è bisogno di bene-dizioni, che prendano il posto delle tante male-dizioni che si odono. Se non ricominciamo a parlare bene e a «riconoscere» il lavoro, potremmo immaginare tutti i sistemi incentivanti più perfetti, ma non aumenteremo la gioia di vivere nei luoghi del lavoro. Il vero bonus di cui avrebbero bisogno oggi gli insegnanti in Italia è la stima,  tremendamente  carente in un Paese che, mentre vuole incentivare maestre e professori, li tratta come dei fannulloni incompetenti. Il denaro non è mai stato un buon sostituto della gratitudine, anche se ci ha sempre provato.

Per questa ragione, inizieremo da oggi a parlare  delle  virtù  del mercato,  delle  virtù  degli imprenditori, del lavoro, della vita economica in generale. Virtù è una parola antica come l’uomo. Ben prima che in Grecia, in Medio Oriente e in Asia circa tremila anni fa alcuni saggi iniziassero a scrivere sulle virtù, l’homo sapiens era già capace di virtù. Sapeva compiere azione buone e belle, per il solo motivo di fare cose belle e buone, e così raggiungere l’eccellenza, e condurre una vita felice. Compiere azioni virtuose è parte del repertorio umano.

Siamo  tutti  capaci  di  virtù, anche  quando  intenzionalmente scegliamo di seguire i nostri vizi. Al tempo stesso, la virtù richiede «educazione»,  altra  grande  parola  dimenticata dalla nostra società. Siamo fatti per le virtù, ma occorre formare il carattere perché questa potenzialità si traduca in azioni. Le virtù non sono faccende per soli eroi o santi. Sono  per  tutti, a condizione che ci formiamo,  mente  e  anima, per condurre una vita virtuosa. A partire dalla famiglia, dalla scuola, dai luoghi vitali dove si esercita la nostra umanità.

Anche  l’economia, essendo un pezzo di vita, ha le sue virtù, che sono in parte specifiche e in parte universali. Le virtù della giustizia, della prudenza, della temperanza, della fortezza, le cosiddette «virtù cardinali», non sono  «solo»  virtù  specificatamente economiche ma sono «anche»  virtù  economiche, benché  oggi  vengano,  troppo  spesso,  considerate  dalla nostra cultura del business come dei vizi. Come non sono prerogativa dell’economia e del mercato le «virtù teologali» della fede, della speranza e dell’agape, che comunque  restano  «anche»  virtù economiche  (che  sarebbero le imprese e il lavoro senza gente  capace  di  credere,  di sperare, di amare?).

Ci  sono  poi  virtù  «tipicamente»  economiche,  quelle che gli operatori dei mercati e delle imprese dovrebbero coltivare per raggiungere l’eccellenza  in  questo  àmbito della vita. Alcune di queste virtù oggi sono molto enfatizzate dalla cultura dominante nelle grandi imprese – efficienza,  meritocrazia,  efficacia… –. Di altre si parla molto meno, e per questo saranno le virtù di cui soprattutto  parleremo  nel  corso dell’anno.

In  genere  le  virtù  sono  associate a un’altra bella parola: felicità. Si dice che il premio della virtù sia la felicità, o che addirittura lo scopo ultimo di chi pratica le virtù sia la felicità. In realtà, sono sempre più convinto che per noi esseri umani la felicità è troppo poco. Dalla vita vogliamo molto di più della felicità. Vogliamo, vorremmo, stima, riconoscenza, verità, senso. Nella vita, e quindi nell’economia e nel lavoro. La felicità non basta per saziare la nostra fame insaziabile d’infinito. Anche in quelle cose splendide e umanissime che chiamiamo economia, mercati, lavoro.

@bruniluis


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