È da un po’ di tempo che si discute attorno all’articolo 41 della Costituzione italiana, che recita: «L’iniziativa economica privata è libera».
di Luigino Bruni
pubblicato su Città Nuova n. 6/2011 del 25/03/2011
È da un po’ di tempo che si discute attorno all’articolo 41 della Costituzione italiana, che recita: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali». Da più parti si sostiene che il comma terzo (programmi e controlli) contraddica il comma primo (libertà d’impresa).
È evidente che questo articolo incorpora una tensione di valori, che è l’eterna tensione tra la lode dell’anima sociale e virtuosa dell’economia e il timore per la sua anima più speculativa ed anti-sociale; due dimensioni della vita economica che attraversano tutti i partiti e la società civile. Senza libera iniziativa economica, creatività ed innovazione non c’è bene comune, e questo ce lo ricorda da tempo anche la dottrina sociale della Chiesa. Al tempo stesso, l’ultima crisi, dalla quale siamo tutt’altro che usciti, ci dimostra che senza opportuni “programmi e controlli” sociali e istituzionali quella iniziativa economica, essenziale per una buona società, si indirizza su sentieri speculativi che producono “male comune”, soprattutto quando abbiamo a che fare con i “beni comuni”. In altre parole, la “mano invisibile” dell’ordine spontaneo dell’economia deve stringere la “mano visibile” delle istituzioni, se si vuole che l’economia sia amica della società.
Il punto discutibile di quell’articolo 41 è invece se deve essere soltanto la legge a determinare questi programmi e controlli, e quali sono le istituzioni preposte ad emanare tali leggi. Da una parte, le leggi nazionali o europee sono sempre meno adeguate, perché ancorate ad una logica territoriale, a controllare e a programmare l’iniziativa economica. Inoltre, oltre ai controlli legali e istituzionali è sempre più urgente un controllo dal basso da parte della società civile, dei cittadini che possono orientare l’iniziativa economica al bene comune. Anche le scelte di consumo e di risparmio sono strumenti per l’esercizio della democrazia, per una cittadinanza attiva.