Editoriali - Crisi
di Luigino Bruni
pubblicato su Città Nuova n.21/2012 del 10/11/2012
Nelle settimane scorse si è molto discusso della sentenza di condanna degli scienziati che hanno sbagliato a prevedere il terremoto de L'aquila. Non è invece mai stato fatto un processo, nè abbiamo mai discusso pubblicamente e seriamente, per quegli scienziati sociali, gli economisti, che hanno totalmente sbagliato le previsioni di questa crisi, e hanno dato consigli pessimi alla popolazione.
Eppure le vittime non sono mancate neanche in questo secondo caso (si pensi solo ai tanti suicidi di imprenditori), le case continuano a crollare, e le macerie continuano ad accumuaccesi nelle nostre famiglie e comunità. In questa crisi c'è infatti una diretta e grave responsabilità di molti economisti, alcuni dei quali hanno ricevuto il premio nobel, che hanno teorizzato che la totale liberalizzazione e anarchia dei mercati finanziari avrebbe portato a maggiore efficienza e a più ricchezza per tutti, senza alcun serio rischio di sistema.
In realtà si sono sbagliati e di grosso: la grande ricchezza creata dalla finanziarizzazione dell'economia è stata ricchezza che non solo non ha creato vero sviluppo economico, ma ha distratto risorse dall'economia produttiva. Molti, troppi, imprenditori e banche hanno trovato troppo più conveniente investire nella finanza che nelle imprese, e così anche in Italia ci ritroviamo oggi con imprese sottocapitalizzate, che non riescono più a creare lavoro vero.
Ma c'è ancora un ulteriore elemento che aumenta la responsabilità di noi economisti: le errate previsioni dei sismologi non hanno causato il terremoto, che era ignaro dei dibattiti tra scienziati. Le errate ipotesi e previsioni dei modelli economici, invece, influenzano anche i comportamenti effettivi delle persone, perchè a forza di formare studenti di economia e manager sulla base di teorie che oggi possiamo chiamare errate, sono aumentati in questi decenni azioni imprudenti e dannose per il bene comune. Questa crisi deve allora essere una occasione per una nuova stagione di responsabilità morale e civile degli economisti, che dobbiamo rivedere le ipotesi base delle nostre teorie, per uscire da questa crisi, e non causarne di nuove