Intervista a Luigino Bruni di Gennaro Grimolizzi
pubblicata su eticanews.it il 4/10/2013
Luigino Bruni, docente di Economia politica alla Lumsa di Roma, è uno dei principali sostenitori dell’economia di comunione e della finanza con un cuore, oltre che con un cervello. Della finanza che guarda in faccia le persone, che le considera come tali e non semplici numeri dai quali realizzare profitti e speculazioni. Il crack di Lehman Brothers del 2008 è uno degli esempi più significativi della finanza rapace e bulimica alla quale si possono contrapporre nuovi modelli. L’obiettivo non è semplice da raggiungere e può essere centrato prima di tutto se se si fa affidamento su manager onesti. Per questo il professor Bruni si è fatto promotore nella sua università di un’iniziativa unica: il giuramento per i neolaureati in economia. Un modo per solennizzare l’impegno dei futuri operatori economici al rispetto delle regole e delle persone.
Professor Bruni, cos’è l’economia di comunione?
È un progetto nato nel 1991 dopo un’esperienza in Brasile di Chiara Lubich. La ragnatela di favelas attorno alle megalopoli la fece riflettere sul modello di economia dominante, che non metteva affatto al centro l’uomo. Lubich propose una rivisitazione del modello dell’impresa tale da far condividere i profitti d’impresa per scopi di natura sociale: sostegno in favore dei poveri, formazione dei giovani, sostegno verso la cultura del dare e della reciprocità. La reciprocità, la logica del dono e la gratuità sono i pilastri dell’economia di comunione.
Quali risultati sono stati raggiunti dal ’91 ad oggi?
Al progetto hanno aderito circa ottocento imprenditori di diverse parti del mondo. Oggi l’economia di comunione ha attirato l’attenzione di importanti studiosi, che ne hanno abbracciato obiettivi e finalità. Tra questi un nome su tutti: Stefano Zamagni.
Esistono, nonostante tutto quello che succede ogni giorno, un’economia ed una finanza etica?
È bene subito dire che non esiste solo un’economia o una finanza. Esiste l’economia dei giochi d’azzardo, che sta affamando tante persone, ma esiste pure l’economia delle cooperative sociali, in grado di essere un valido supporto per le persone più svantaggiate, del credito cooperativo e di Banca Etica. L’economia e tanto più la finanzia speculativa pura, penso a quella degli hedge fund, non sono pertanto gli unici modelli. Certo, vi sono un’economia ed una finanza con modelli dominati per le grandi imprese e multinazionali. È come se ci fosse un grande fiume. Per esempio il Po è il grande fiume della finanza più capitalistica e accanto a questo scorrono fiumi più piccoli, fortemente legati ai territori che attraversano. Spesso, i media tendono ad esaltare e a parlare del “grande fiume” della finanza, trascurando le realtà più piccole.
Si potrebbe comunque affermare che la grande finanza segue una sua “etica”.
Certo. Ed è quella del profitto, del guadagno massimo nel breve periodo. Si tratta di un’etica che solleva perplessità, in quanto per raggiungere determinati obiettivi è disposta a distruggere l’ambiente e a volte anche le persone.
Cinque anni fa crollava Lehman Brothers. Cosa ha insegnato il suo fallimento e come si evitano certi errori?
Il crack di Lehman Brothers ha insegnato prima di tutto che un’economia fondata sulla finanza creativa, lontana dalla gente e dai rapporti sociali è destinata a scoppiare. L’esperienza di cinque anni ci ricorda di ritornare ad un’economia reale. Il crollo di Lehman Brothers deriva da attività spregiudicate. Sono state il frutto di un bluff, dell’illusione che, senza il lavoro ed un ancoraggio alla realtà, si possano fare soldi come Pinocchio nel campo dei miracoli. Quando un’economia va in crisi significa che sono andati in crisi anche alcuni valori per i quali occorrono interventi di “manutenzione” e più democrazia.
Lei ha suggerito un giuramento per i futuri manager. Si tratta di un modo per responsabilizzarli maggiormente?
Stiamo sperimentando questa cosa alla Lumsa, prima università al mondo impegnata in un progetto del genere. Il giuramento riguarda prima di tutto gli operatori economici e i laureati in economia. È come il giuramento di Ippocrate per i medici, i quali si impegnano solennemente a rispettare la salute umana, l’etica e la persona. Il giuramento per i laureati in economia partirà nella prossima primavera. È allo studio la formula che verrà pronunciata. Di sicuro riguarderà l’impegno solenne a non abusare di informazioni asimmetriche, a non considerare le persone e le risorse umane un costo ma molto di più.
Quali sono le prospettive di crescita e sviluppo in Italia?
Sono molto basse, nonostante l’ottimismo di alcuni miei colleghi e del ministro Saccomanni. Se il pil non crea lavoro, la ripresa è lontana. I dati sulla disoccupazione giovanile sono preoccupanti e al tempo stesso sono lo specchio della situazione che sta vivendo il Paese. Abbiamo perso un milione di posti di lavoro tra i giovani negli ultimi quattro anni. Con la crisi che ha colpito tanto il pubblico quanto il privato pensare ad una ripresa rapida sarebbe un’illusione. Spero però che questa crisi ci aiuti a riflettere. Ci si può accontentare un po’ di più del meno e del meglio. Dobbiamo sfruttare l’attuale situazione per rimodulare il nostro stile di vita.