Imprenditori al centro

Imprenditori al centro

Commenti - Purchè siano veri, e sappiano produrre anche concordia

di Luigino Bruni

pubblicato su Avvenire il 29/07/2012

logo_avvenireGli imprenditori oggi non debbono solo chiedere piu garanzie al governo, ma debbono chiedere, e ottenere, una loro nuova centralità nel patto sociale. E' necessario: perché non si esce da nessuna crisi economica senza nuovi imprenditori e senza imprenditori nuovi. Imprenditori, però. E' necessario ri-semantizzare questa parola perché, a essere sinceri, quando oggi si parla di "imprenditori" spesso ci si riferisce a speculatori e a cercatori di protti di breve termine.

La crisi in cui si trova in Italia non l’hanno creata gli errori di Angela Merkel né un euro malamente piazzato nelle nostre tasche di europei (certo, possono averla complicata, ma in Italia siamo ottimi nell’attribuire ad altri la colpa delle nostre disgrazie).  La crisi l’hanno prodotta soprattutto scelte precise di grandi imprese che trent’anni fa pensarono, sbagliando, di fare soldi facili lasciando il loro progetto imprenditoriale e buttandosi sulla nanza.

La grave crisi di produttività e di obsolescenza tecnica di non poche imprese italiane, non meno grave della crisi dello spread, è anche frutto di "imprenditori" e banche (complici Stato e partiti) che hanno smesso di investire nelle imprese e nel lavoro. In Italia ci sono ancora luoghi di eccellenza produttiva e tecnologica, e sono questi luoghi che ci tengono ancora lontani dal precipizio; ma ce ne potevano essere di più e di più forti. A patto che la classe imprenditoriale e industriale italiana avesse continuato a innovare nell’impresa e nel lavoro.

Ecco perché servono, e urgentemente, nuovi imprenditori. Nuovi anche nel pensiero, nelle motivazioni, e soprattutto negli ideali. Senza ideali possono, infatti, nascere operazioni speculative, ma non nascono imprese, che sono generate e alimentate da ideali piu grandi dei profitti. Per concepire e dare vita a un’impresa, a qualsiasi impresa (non solo economica), non bastano i protti, perché gli esseri umani chiedono molto di piu alla vita, e il denaro è troppo poco. E gli ideali si generano e si rigenerano soprattutto nei tempi di crisi e di dolore: difcilmente in Italia avremmo avuto il miracolo economico senza la sofferenza del fascismo, della guerra e della resistenza. Prezzi e costi altissimi, ma risultati civili, morali ed economici straordinari, miracolosi. Un patrimonio che stiamo deteriorando e consumando in questi ultimi due tre decenni.

E', questa, una strana, paradossale e per qualcuno anche ingiusta regola della vita. Si sa che le cose alte necessitano del pungolo del dolore, come ben sapeva Antonio Genovesi che vedeva nel dolore (e non nel piacere) la molla delle azioni umane, soprattutto di quelle grandi, come sono le azioni che fanno nascere le imprese, e che poi le fanno durare e non morire (e molto triste e preoccupante vedere quanto breve sia la vita media delle nuove aziende in Italia negli ultimi anni).

La grande crisi sta creando, insieme a tanto dolore per tanti, anche enormi opportunità, inedite solo qualche anno fa. La gestione creativa e innovativa dei beni comuni, dall’acqua all’energia rinnovabile, dall’abitare all’alimentazione: sono settori che non aspettano altro che imprenditori civili, magari giovani e possibilmente in squadra (la forma cooperativa e forma d’impresa ideale soprattutto quando si passano crisi, perché il principale capitale richiesto dalle cooperative sono le persone). Nuovi  imprenditori che creino opportunità e che creino lavoro,  con motivazioni piu grandi del protto.

ll lavoro oggi non va cercato, ma va creato. Dal basso. Dalla gente. Da imprenditori veri. L’imprenditore fa impresa non solo perché vuole rispondere ai bisogni della gente (questo potrebbe farlo anche la pubblica amministrazione o uno Stato collettivista), ma perché vuole dire qualcosa di sé, vuole raccontare una storia, vuole parlare, comunicare.

L’artista lo fa dipingendo o suonando, l’imprenditore facendo manufatti, agriturismo, macchinari, energia eolica, inclusione lavorativa di giovani immigrati... Se, invece, fosse vero che le imprese rispondono a bisogni già presenti ed evidenti nella popolazione, avremmo imprese routinarie e molto poco creative. Come ricordava Ford, se i suoi esperti avessero fatto un’indagine di mercato per conoscere i bisogni di trasporto degli americani, e avessero chiesto di che cosa avevano bisogno, gli avrebbero risposto: "Cavalli e carrozze piu veloci", non l’automobile.

L’imprenditore ha come principale dote l’anticipazione, e quando non anticipa ma segue e asseconda gusti e desideri, non è un buon imprenditore o imprenditrice.

L’ltalia e stata una grande realtà economica e civile quando ha generato migliaia di questi imprenditori, anche se li chiamavamo mercanti, artigiani, artisti o monaci, che hanno visto nelle crisi opportunita per nuove intraprese, risorse da valorizzare per crescere, per vivere. Come creare qui ed ora questi nuovi imprenditori? Forse tanti ci sono già, e aspettano solo che li vediamo, e che si lasci loro un po’ di spazio. Altri sono latenti, e con più concordia civile e visione politica potrebbero orire.

Anche perché i luoghi generativi di ogni imprenditore / imprenditrice sono la comunità, i territori, gli ambienti vitali: è qui, non dalle business schools, che nascono i valori, anche il valore economico. L’ltalia ha bisogno di riattivare presto i luoghi, di riabitare i territori, oggi troppo deserti di passioni positive e pieni di rivalità e particolarismi.

Anche per questo ciò che sta accadendo a Taranto è grave, perché quando si mettono in conitto tra di loro il diritto al lavoro con il diritto alla salute, si stanno facendo due operazioni di una gravità inedita. Si sta portando il conitto sociale dentro le famiglie, dove convivono sotto lo stesso tetto persone che vogliono e devono lavorare con i gli e le mogli e i mariti che non vogliono e non devono ammalarsi. In secondo luogo quel conitto che nell’era industriale era fra Capitale che inquinava e  ambiente, diventa anche un conitto fra famiglie e terra, dove si porta inimicizia fra i lavoratori e la salvaguardia del creato.

Solo se sapremo ricreare concordia nei  territori e fra impresa, lavoro, famiglia,  politica e ambiente ripartirà anche l’economia, che non è altro che la rappresentazione delle relazioni sociali nei luoghi del vivere.

 

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