Politica ed economia
di Luigino Bruni
pubblicato su Città Nuova n.6/2014 del 25/03/2014
Accanto ad una profonda crisi economica l’era della globalizzazione sta rivelando sempre più una profonda crisi anche della politica. La politica, lo sappiamo, ha tra i suoi scopi principali quello di fare sintesi dopo l’analisi, arrivare all’uno dopo il molteplice.
Nel Novecento la democrazia aveva funzionato proprio su questa dinamica, che però era fondata su un mondo relativamente “semplice”: bastava che i politici conoscessero elementi fondamentali del diritto, dell’economia, della scuola ecc., per poi tentare la sintesi.
Qualche decennio fa un particolare della vita della società, l’economia e la finanza, si è complessificato ed è uscito fuori dal controllo degli ambiti e degli strumenti dello Stato. Una dimensione del “molteplice” non era più controllabile e gestibile in vista del bene comune.
Ecco allora che di fronte a questo vuoto che si è creato, la politica ha iniziato ad appaltare fette crescenti di scelte a chi controllava quel pezzo di vita in comune che diventava giorno dopo giorno più complesso e più importante a causa della globalizzazione dei mercati.
Quindi tecnici, economisti, analisti, esperti hanno via via occupato non i Parlamenti ma i luoghi delle vere decisioni che si allontanavano e si allontanano sempre più dai luoghi tradizionali della democrazia e dagli Stati nazionali.
Dovremmo allora capire che il potere che i nostri governanti hanno di mantenere le loro promesse è inevitabilmente molto scarso, anche se tutti noi, politici in primis, facciamo fatica a prenderne coscienza. Che fare allora? Anzitutto dovremmo allargare lo sguardo e sapere che i luoghi dove investire di più sono l’Europa e le istituzioni internazionali dando ora un grande peso alle elezioni europee. Poi studiare di più economia e finanza, da parte di giovani e adulti, dando vita a una stagione di alfabetizzazione economico-finanziaria seria (a questo proposito sarebbe da imitare la neonata “Scuola popolare” di Catania). Senza una maggiore comprensione delle nuove dinamiche economiche e finanziarie, perderemo quote crescenti di libertà e di democrazia.