La manovra appena approvata punta a ridurre il deficit e magari a raggiungere presto il pareggio di bilancio.
di Luigino Bruni
pubblicato su Città Nuova n.19/2011, 10/10/2011
La manovra appena approvata punta a ridurre il deficit e magari a raggiungere presto il pareggio di bilancio. Se vogliamo che differenza uscite/entrate pubbliche sia zero (o meno di zero visto che dobbiamo rientrare da un incredibile debito pubblico), possiamo giocare sulle entrate, sulle uscite, o su tutte e due. Se, per un esempio, le uscite sono 120 e le entrate 100, se vogliamo portare il bilancio a pareggio possiamo ridurre le uscite di 20 o aumentare le entrate di 20 (o magari -10 e +10).
Ma, a differenza dell’aritmetica, tagliare la spesa pubblica o aumentare le tasse sono scelte tutt’altro che indifferenti sotto il profilo della giustizia sociale. Se tagliare la spesa significa ridurre le inefficienze e gli sprechi delle nostre burocrazie, ben venga perché ciò è urgente ed etico.
Se invece si tagliano servizi e beni pubblici, allora ridurre la spesa pubblica significa ridurre la giustizia in un Paese, perché si penalizzano soprattutto i più poveri. Quando le famiglie iniziano a pagare i ticket per la sanità di base, quando a Milano il biglietto del tram/metro passa da 1,00 euro a 1,50, chi paga questi tagli è il ceto medio-basso che usa la sanità e i trasporti pubblici. Ridurre poi i fondi agli enti locali per l’assistenza e la cura significa colpire quelle realtà che si occupano, con pochi mezzi, dei più fragili e vulnerabili. La ricchezza e povertà di una persona non è misurata solo dal suo reddito pro-capite, ma anche dai beni pubblici di cui usufruisce.
Aumentare le entrate, invece, potrebbe portare i più ricchi a contribuire di più, tassando non tanto gli imprenditori e la creazione di lavoro, ma combattendo i paradisi fiscali e le società di comodo (insieme agli evasori), creando presto una “Tobin tax” sulle transazioni finanziarie, e magari anche una patrimoniale. Se invece per aumentare le entrate si aumenta l’Iva si continuano a colpire di più le famiglie e i poveri. Le tasse e lo Stato sociale sono faccende molto serie, perché sono i pilastri su cui poggia il patto sociale che tiene assieme un popolo: vanno maneggiate con somma cura, soprattutto in tempo di crisi.