«Attenti, oggi il lavoro va creato dal basso»

Intervista a Luigino Bruni

di Francesco Anfossi

pubblicato su L'Eco di Bergamo il 16/03/2012

Logo_eco_bergamoIl lavoro deve nascere dal basso, dalla << gente, dalle passioni, dagli incontri. E'accaduto dopo la crisi del ”29 o nel Dopoguerra. Deve accadere anche oggi››. Per Luigino Bruni, docente di Economia politica all”Università Milano Bicocca i veri «animal spirit›› della ripresa italiana appartengono a quella fascia intermedia tra Stato e mercato che si definisce «economia civile».

Anche di questo Bruni parlera a Bergamo mercoledì 21 marzo («Un ripensamento del modello economico››) nell”ambito dei Percorsi vicariali sulla carità e sul piano pastorale. Appuntamento alle 20,45 presso la parrocchia di San Paolo, in città.

Economia civile. Si riferisce al cosiddetto mondo non profit?

«Non solo. Se si estendessero alcuni incentivi previsti per le onlus dedite all”assistenza e alla sanità anche alle cooperative sociali, potremmo creare tanto lavoro dalbasso. Dando al sociale la possibilità di gestire non solo ospedali, cliniche e centri di assistenza, ma anche energia rinnovabile, spazi verdi, musei, arte, cultura, turismo. Perché non immaginare un mondo così? Perché non capire che c”è una societa civile che si occupa del bene comune anche se non è un ospedale o una mensa? Un mondo, più che non profit, low profit, dove il profitto non va solo nelle tasche degli azionisti, ma a tutta la comunità››.

Ma questo governo <> va in direzione opposta. Basterebbe citare la statalizzazione dell'Agenzia del Terzo settore, il mancato rifinanziamento al fondo per le ong...

«Il principale problema del govemo è che non ha un”idea di Italia. Proprio perché si tratta di tecnici, di docenti o manager che vengono dal mondo accademico o finanziario. Propongono modelli che valgono per l”Italia come per Danimarca o Stati Uniti o Germania. Non tengono conto della peculiarità italiana».

Cioè? Le microimprese?

«Non solo. Abbiamo un Terzo settore che è il più ricco al mondo. Ha una storia che parte dal Medioevo, passa per l”Ottocento e per il cattolicesimo popolare, per le casse rurali, le casse di risparmio, i sindacati, gli ordini religiosi che hanno fatto scuole e ospedali, le cooperative. La capillarita dell”economia sociale italiana è un primato mondiale. Qui il Welfare è nato dagli ordini religiosi e dai parroci, non lo ha inventato lo Stato. Noi abbiamo un tessuto straordinario che questo governo non vede, perché non lo conosce. Pensi al progetto di tenere aperti i negozi tutti i giorni e a tutte le ore. Non capiscono che l”Italia non è l”Ikea: è un tessuto di piccole attivita, di negozietti che tengono vivi comuni, centri storici››.

Questo governo però ci sta tirando fuori dalla palude finanziaria...

«Tutti sapevano che l”Italia non è la Grecia. Se non cambiavamo politica finivamo al default. Ma era un problema di insicurezza che si dava ai mercati. Dal punto divista economico il peggio deve ancora arrivare. Purtroppo per molti aspetti la manovra è iniqua in?attiva e recessiva. Pensi all”aumento dell”Iva. Le famiglie, quando vedono che i prezzi aumentano, consumano di meno. I consumi a Natale in alcuni settori sono scesi al 30%. Se abbiamo superato il pericolo finanziario sono molto preoccupato per tutto il resto: economia reale, occupazione, spesa sociale: il governo farà 20 miliardi di tagli e non so davvero che ne sarà dei servizi pubblici».

Che ne pensa del cantiere delle riforme sul lavoro?

«Da economista dico che le prime a sapere che senza lavoro non c”è sviluppo sono le imprese. Le imprese non pensano`al lavoro solo come a un costo. E un' idea un po'astratta di cui si parla in tv. L”impresa sa benissimo che il lavoratore è una risorsa straordinaria. Non pensano che il licenziamento sia la soluzione. La mia impressione è che il dibattito sia un po' sfocato in questi giorni. Io vedo un enorme problema nel settore pubblico. Abbiamo un 60% del Pil che passa attraverso lo Stato. Riporterei l'attenzione su cose più prioritarie: che tipo di settore pubblico vogliamo immaginare per prossimi dieci anni? Vogliamo un'amministrazione ipertrofica o vogliamo posti di lavoro sostenibili, attraverso la creazione di un terziario sociale, attento ai bisogni veri della gente e delterritorio?››.


Stampa   Email

Articoli Correlati

Un patto solenne che sa di fondazione

Mappa di un "mondo nuovo" e nostalgia del mare

Luigino Bruni: Senza imprenditori, santi e artisti non c'è bene comune

Sobrietà, povertà e gratuità

Per una economia del "già"

Serve un nuovo patto sociale: ecco perché