“La speranza arriva dai poveri, non dai ricchi. Perché la virtù è più vera del vizio”

Intervista a Luigino Bruni, ospite il prossimo 11 aprile del Festival del Volontariato

di Giulio Sensi

pubblicato su: volontariatoggi.info il 3/04/2014 

Logo Festival volontariato ridLUCCA. Sarà ospite al Festival del Volontariato di Lucca l’11 aprile alle 11 al Real Collegio nel corso del convegno “Liberare il lavoro”. Luigino Bruni , docente all’Università di Roma Lumsa, teorico, e pratico, dell’economia di comunione non ha dubbi: “per far ripartire l’Italia serve liberare le sue energie includendo nel mercato civile coloro che sono esclusi”.

Professore, dedichiamo il Festival del Volontariato 2014 alle energie che il Paese deve liberare. Non solo la politica, ma anche tutto quello che ruota intorno all’economia civile. Dove sono queste energie?

Sottolineo subito un dato storico importante: i momenti in cui l’Italia, e il mondo intero, sono ripartiti, i momenti in cui si sono visti miracoli economici sono stati quelli in cui siamo riusciti ad includere nel mercato civile le persone che erano rimaste fuori. Questo vale in ogni epoca storica: dalla rivoluzione industriale -con i contadini che dai campi venivano inseriti nel ciclo produttivo industriale- fino ai tempi più recenti, con il mondo cooperativo che ha avuto gli stessi meccanismi di valorizzazione e inclusione.

Nel dopo guerra, soprattutto con l’affacciarsi nella vita civile e lavorativa dell’Italia delle donne questo tema è stato centrale. Viviamo un’epoca simile?

Oggi le sfide sono le stesse: riuscire a portare dentro quello che è escluso o scoraggiato. Ci sono dei talenti, delle risorse femminili nell’economia che restano fuori. Proprio per questo oggi ci deve essere maggior interesse a rivedere la vita economica e civile partendo proprio dalla valorizzazione dell”universo femminile. Poi gli anziani che sono una risorsa immensa: il numero di anni che abbiamo conquistato nell’anzianità attiva sono una risorsa da immettere nel volontariato e nel circuito civile. E fondamentale è tutto ciò che è immobile, avvertito come un problema: deve essere trasformato in risorsa, a cominciare dai giovani. Quando i giovani stanno fuori dall’economia, l’economia non va più avanti. Ciò che è fuori va tirato dentro, è alla base di ogni rivoluzione civile. Ma manca in Italia una fame di vita: abbiamo fatto cose grandi quando eravamo affamati di futuro.

Proprio l’esclusione dei giovani dall’economia è uno dei peggiori scandali del nostro tempo. Da dove iniziare?

Ad esempio lavorando all’idea di un servizio civile universale. È uno dei progetti su cui si dovrà misurare il governo Renzi, quello di dare un’opportunità di impegno civile a tutti i giovani con una possibilità di un piccolo reddito che vada anche nella direzione della redistribuzione del reddito stesso. Il servizio civile da solo non basta, ma è una ripartenza per restituire un po’ di speranza. Con un senso, peraltro, di partecipazione, fratellanza, solidarietà nazionale.

Negli ultimi anni molte belle idee e progetti positivi non sono mai decollati per mancanza di risorse.

Sono sicuro che se andiamo in Europa a chiedere risorse per progetti del genere si aprono autostrade. Ci vogliono idee, determinazione, volontà politica. Se si lavora bene, le risorse arrivano. Chi non sarebbe d’accordo ad una sorta di patrimoniale vera per dare una speranza ai giovani? La gente è contraria a dare il proprio contributo quando vede idee politiche che non hanno senso. C’è una buona parte dell’umanità che capisce che i giovani sono il problema sociale attuale perché il modello economico non li coinvolge più.

Eppure gli anticorpi ci sono nel terzo settore, anzi chiamiamolo economia civile o economia di comunione.

Si, le cose più belle le vedo in mezzo ai poveri, nei luoghi della marginalità. La salvezza verrà di nuovo dai poveri, la speranza non arriva dai ricchi. Il cambiamento si gioca nei luoghi che funzionano, che hanno bisogno di una nuova narrativa del mondo per superare gli approcci assistenzialistici a favore di un nuovo capitalismo che parta dai territori e dai beni comuni. Abbiamo bisogno di una nuova narrazione di questi luoghi in cui abita l’umano vero. La salvezza non è mai arrivata dai potenti, arriverà se saremo capaci di una narrativa diversa del mondo. Non è il racconto delle anime belle, ma l’Italia che ha la stessa dignità degli altri. Perché la virtù è più vera del vizio.


Stampa   Email

Articoli Correlati

Un patto solenne che sa di fondazione

Mappa di un "mondo nuovo" e nostalgia del mare

Luigino Bruni: Senza imprenditori, santi e artisti non c'è bene comune

Sobrietà, povertà e gratuità

Per una economia del "già"

Serve un nuovo patto sociale: ecco perché