Ambiguo è il sacrificio

Ambiguo è il sacrificio

 Oikonomia/10 - La pretesa di retribuire Dio e quel velo che non nasconde lo sfruttamento

Pubblicato su Avvenire il 14/03/2020

 "Uno dei motivi dell’uccisione del dio è preservarlo dall’invecchiamento"

R. Money-Kyrle, Il significato del sacrificio

Le imprese oggi fanno sempre più ricorso al registro del sacrificio che la teologia sta invece abbandonando. Parola complessa soprattutto nel cristianesimo, che molto si presta a rischi di manipolazione.

Sacrificio è parola della religione, dell’economia, di ogni crisi. I sacrifici sono nati o si sono sviluppati durante le grandi crisi collettive – le guerre, le carestie, le pestilenze. Nel mondo antico, quando la vita diventava dura e un male minacciava le comunità, i nostri progenitori iniziarono a pensare che offrire qualcosa di valore alla divinità potesse essere l’essenziale strumento di management delle catastrofi e delle crisi. Il sacrificio agli dei di animali e, in certi casi, di bambini e di vergini, divenne un linguaggio per legare cielo e terra, la speranza collettiva di poter agire sui nemici invisibili. I sacrifici si nutrono di speranza e di paura, di vita e di morte. È una esperienza radicalmente comunitaria, che cura, ricrea e nutre i legami dentro la comunità e tra la comunità e i suoi dèi. 

Il sacrificio è luce e buio insieme. Le luci sono chiare. Le comunità non nascono, non durano né crescono senza sacrifici – continuiamo a scoprirlo, e mai abbastanza. Abbiamo imparato a praticare il dono e la generosità in millenni di offerte sacrificali. Ogni dono vero porta intrinseca una dimensione di sacrificio (nel senso più comune della parola). Quei doni che non ci costano nulla non valgono nulla – una delle leggi sociali più antiche –, perché il dono vero è sempre dono della vita. Amiamo molto i doni, soprattutto da parte delle persone più care, perché sono sacramenti del loro amore per noi. Per i nostri ragazzi i giorni della pandemia che stiamo vivendo tra l’inverno e la primavera di questo anno 2020 possono essere anche un tempo meraviglioso per imparare il misterioso e decisivo rapporto tra sacrificio, dono, vita.

Venendo al suo lato oscuro, il sacrificio ha una intrinseca dimensione verticale e asimmetrica. Non si offre qualcosa a un pari grado, ma a una entità sentita superiore. Le comunità sacrificali sono sempre gerarchiche, perché il rapporto uomo-dio diventa immediatamente il paradigma dei rapporti politici e sociali, quindi del potere. La comunità che offre sacrifici e doni agli dèi, deve anche offrire sacrifici e doni ai potenti e al re – che in certe religioni è di natura divina. Il dono fatto al re è il regalo (da rex: re), che si fa perché non lo si può non fare.

Continua la lettura su Avvenire.

200314 oikonomia 10 quote


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