Il discernimento dei lieviti

Il discernimento dei lieviti

Logica carismatica/6 - La maturità di una comunità sta nel liberarsi dal mito del fondatore perfetto.

di Luigino Bruni

Pubblicato su Avvenire il 26/09/2021

«E tu, Moshé, perché preghi»? «Prego il Dio che è in me di darmi la forza di potergli fare delle vere domande»

Elie Wiesel, La notte

L'uso generativo (e umile) del patrimonio passato è mestiere decisivo per non compromettere il futuro, e purtroppo spesso si sbaglia nell'individuare quale sia davvero il lievito buono.

«Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!» (Mc 8,15). Questa è una parola (loghion) di Gesù. Non semplice da interpretare, e sulla quale sono state scritte molte pagine, a partire dai Padri della Chiesa. Lievito è una parola forte della Bibbia, basti pensare ai pani azzimi pasquali. È simbolo di vita, ma anche di contaminazione. Lievito è usato per discorso, insegnamento, ma soprattutto come principio di cambiamento del mondo. Nel Nuovo Testamento lo troviamo come sinonimo del Regno dei cieli (Mt 13,13). Il riferimento al lievito di Erode, dei farisei, dei "sadducei" (Mt 16,6) ha dunque a che fare con il tipo di regno che il Messia dovrebbe portare sulla terra. Al tempo di Gesù il messianismo aveva assunto una forte connotazione apocalittica, rafforzata dall’occupazione romana. 

L’avvento del Messia per i farisei doveva essere accompagnato da eventi spettacolari, da segni che dovevano confermare l’arrivo imminente del nuovo regno: «Allora alcuni scribi e farisei gli dissero: "Maestro, da te vogliamo vedere un segno"» (Mt 12,38). Ancora diverso è il regno politico anti-romano voluto da Erode. Gesù mette decisamente in guardia i suoi apostoli, sconvolti e travolti dai segni di Gesù, dal non abbracciare le teorie messianiche e apocalittiche: «Perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti» (Mc 13,22). I Vangeli ci riportano dialoghi di Gesù con i discepoli sulla comprensione della sua identità ("voi chi dite che io sia?"), e le persone a lui più vicine erano dentro questo processo di scoperta identitaria. E così Gesù fa di tutto per non spettacolarizzare i suoi segni-miracoli, e appena si accorge che la gente si ferma al segno e fraintende il messaggio si defila o licenzia la folla.

Fin qui i Vangeli. Se la tentazione di seguire i lieviti sbagliati ha attraversato la prima comunità di Gesù, è probabile che sia un fenomeno che può ripetersi nelle comunità carismatiche generate dalla Chiesa; cioè quel "guardatevi dai lieviti dei farisei" vale per sempre. Non è infatti raro nelle esperienze carismatiche che (in genere) la prima fase produca forme di teorie messianiche e apocalittiche, letture diverse di quale sia la natura del movimento che sta iniziando, del senso dei "segni" che stanno accadendo. I grandi successi e gli eventi straordinari che accompagnano molti inizi carismatici generano varie interpretazioni del destino e compito di quel nuovo "profeta" e del suo movimento. L’inizio, infatti, è spesso straordinario, è un eskaton anticipato, e così scatta quasi inevitabilmente un’ebrezza spirituale-carismatica dove tutto sembra possibile. Si sperimenta una sorta di onnipotenza, si sognano scenari arditi, si prefigurano per se stessi destini apocalittici di salvezza universale. Rivivono il lievito politico di Erode (ci si sente investiti anche di un compito di cambiamento politico e sociale) e quello dei farisei, dove i segni vengono interpretati come segnali messianici dell’era nuova. Si sente prossima la fine dei tempi. Visti da fuori, questi fenomeni possono apparire deliri, ma per chi li vive sono quanto ci sia di più normale, e l’incomprensione dell’esterno aumenta l’auto-convinzione del compito messianico.

210926 Logica carismatica

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